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Coronavirus, peggio della politica ha fatto solo il giornalismo

Coronavirus Lombardia conferenza stampa

Dopo una vita di giornalismo, quello che mi è sembrato il peggiore di tutti (perfino della politica) nell'affrontare l'emergenza Coronavirus è stato il giornalismo.

Ho da tempo superato l’età cui si rivolge l’assessore lombardo al Welfare, che ha invitato gli ultrasessantacinquenni a uscire il meno possibile le prossime due o tre settimane. Quindi è questa la notizia che mi colpisce di più, anche se mi preoccupa fortemente l’allargamento del numero delle regioni coinvolte.

Non è un mistero che la sanità al Sud cammina a un altro passo (la regionalizzazione della Salute non ha fatto che approfondire il solco tra amministrazioni virtuose e no, e i conseguenti viaggi della salute aiutano il Nord a migliorare le proprie strutture e forzano il sud a pagare le cure che non riesce a fornire).

Mi ha sorpreso anche la buona notizia che l’Europa ha varato una task force anticoronavirus eppure non riesco a immaginare che cosa farà, ormai che il contagio si sparge, e spero che non distragga Gentiloni dall’unico compito cui la Commissione dovrebbe dedicarsi: permettere sforamenti straordinari per non evitare una recessione piena.

Non sono tra quelli esterofili ad ogni costo, ma quando penso a come ci siamo mossi noi e come si è mosso il Regno Unito, mi arrabbio ancora di più con le nostre autorità: a Londra hanno già deciso che, se il contagio toccasse i livelli che gli esperti hanno indicato, richiameranno i medici in pensione, sospenderanno i lavori parlamentari, gestiranno la situazione con una war room ministeriale e scientifica, dedicheranno due ex basi aeree militari alla quarantena: disegnano scenari.

Voi pensate che a Roma qualcuno si sia posto la domande doverose, pur toccando ferro: e se il virus dilaga nella Capitale e al Sud, che facciamo? Che qualcuno abbia chiesto agli esperti se non sia il caso di assumere alcune misure già adesso, o no ? Noi il massimo che abbiamo fatto sono i collegamenti tivù con Conte dalla situascion room della Protezione Civile, il premier in maglioncino, come a dire non siamo qui a pettinar bambole.

Io credo che il virus peggiore, dopo il corona, non sia la paura: è la sfiducia. Alla quale hanno contribuito le istituzioni e la classe politica in generale, anche l’opposizione: hanno fatto come il segnatempo della donnina con l’ombrello e l’omino senza. Cioè la sinistra minimizzava e la destra massimizzava, e viceversa. È poco più di un’influenza, è un flagello, a turno, convinti che c’è una strategia anticoronavirus di destra e una di sinistra.

Ma il peggio, o quello che a me sembra il peggio, dopo una vita di giornalismo, è stato il giornalismo. Miope davanti ai disastri del governo (capisco, quello di Conte è una specie di governo Allende da proteggere contro gli aerei di Salvini sulla Moneda, ma….), saltabeccante fra terrore esagerato e rassicurazioni esagerate, e dunque alimentando sospetti (ci nascondono qualcosa..) e la difficoltà a reagire come una comunità, ordinata e compatta davanti a una minaccia.

Che i social abbiano peggiorato la cosa, può anche essere. Ma ve lo immaginate vivere in zona rossa senza neanche un computer o uno smartphone, come tocca purtroppo a molti anziani? Può darsi che i telegiornali, per loro natura più tambureggianti, abbiano fatto peggio dei quotidiani. Può darsi che i titolisti dei quotidiani abbiano fatto peggio dei cronisti. Quel che certo è che non si è trattato di una corsa al migliore.

Forse non è solo una coincidenza che sia stato rinviato al 2021 il Festival internazionale del Giornalismo di Perugia, una specie di fiera della correttezza politica. Rinviato di un anno con precauzioni sanitarie, che però hanno evitato di porsi una domanda: non è che l’indigestione di informazione, spesso grossolana come il junk food, è pericolosa quanto il menù obbligato, alla cinese ?