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Coronavirus, stop agli interventi chirurgici: le attività garantite

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Emergenza coronavirus, rimandati tutti gli interventi chirurgici non urgenti. Dove si applica e quali sono le attività ancora garantite nelle regioni coinvolte.

Emergenza coronavirus: tutte le operazioni chirurgiche non indispensabili, prestazioni ambulatoriali non urgenti e le attività, generali, per liberare spazio e personale saranno rimandate. E’ la disposizione che gli ospedali delle zone più colpite hanno deciso di adottare per affrontare il contagio da Covid-19.

Covid-19, le nuove disposizioni ospedaliere

In tre settimane l’Italia e gli italiani sono profondamente cambiati. Lo scoppio dell’epidemia da coronavirus ha sconvolto, e sta sconvolgendo, profondamente la normalità dei nostri cittadini e non solo. Il propagarsi dell’influenza anche in Europa è pronto a cambiare anche l’Unione che abbiamo conosciuto fin’oggi. Nelle zone più colpite del nostro territorio, per far fronte all’emergenza, gli ospedali hanno deciso di rimandare tutte le operazioni chirurgiche non strettamente indispensabili, le prestazioni ambulatoriali non urgenti e le attività generali procrastibinabili. Una misura per liberare spazio e personale in Lombardia, estesa nelle ultime ore anche in Toscana, Piemonte e Campania. Un piano, quello del Governo, che attraverso una circolare del ministero della Salute spiega come incrementare i posti letto: “Al verificarsi del primo caso indice, ovvero del primo caso confermato di Covid-19 in una determinata area, che viene intercettato dalle autorità sanitarie e di cui non si conosce la fonte di trasmissione o comunque non sia riconducibile a zone già colpita, l’autorità competente determina la rimodulazione dell’attività chirurgica elettiva”.

In sostanza, è necessario fermare le attività non urgenti negli ospedali delle aree dove si trova un focolaio o dove il numero dei contagiati si alza in modo preoccupante. Esclusi da questa misura tutti gli interventi chirurgici che verranno effettuati per i pazienti in pericolo imminente, a discrezione personale di ciascuna delle strutture sanitarie coinvolte, che si organizzeranno in base alle proprie esigente e priorità. Garantiti quindi gli interventi di chi arriva in pronto soccorso in situazioni gravi, condizioni critiche, infarti, trapianti e altri problemi cardiaci. Garantiti tutti gli interventi per le situazioni in cui c’è un rischio immediato per la vita, così come sono garantite prestazioni di assistenza fondamentali come dialisi, chemioterapia e radioterapia e le cure palliative.

Le attività rinviate

Le attività che possono aspettare verranno rinviate. Ciò include gli interventi ortopedici, come operazioni all’anca, al ginocchio o altro già in programma, interventi oculistici, come la cataratta, e per i casi dei pazienti oncologici che possono essere rimandati senza rischi. “Sono scelte difficili, viene valutata l’urgenza e la possibilità di differire. È una misura drastica che sicuramente crea difficoltà e disagi, ma in un’ottica di sistema e di emergenza bisogna fare scelte difficili”, ha spiegato a Fanpage.it un medico di un ospedale di Milano. Rimandati, anche in alcuni casi, le attività di vaccinazione, prelievi del sangue, esami della vista per la patente e screening di primo livello. Garantite invece le interruzioni volontarie di gravidanza, che rientrano nelle urgenze, nonostante sia un intervento in day hospital o farmacologico che non comporta il ricovero notturno. L’aborto può essere rimandato di qualche giorno, ma deve essere garantito entro il limite previsto. Ricordando che ogni azienda sanitaria si organizza in base alle proprie esigenze e risorse, è consigliabile contattare la struttura o verificare online quali sono le prestazioni interrotte. I pazienti cui esami, o interventi, vengono rimandati sono comunque avvertiti direttamente.

Le misure nelle varie regioni

La Lombardia è la prima regione dove gli ospedali, e le aziende, hanno messo in pratica la riduzione delle prestazioni non urgenti. All’indomani del 22 febbraio, giorno in cui si è registrato il primo caso a Codogno, era circolata la comunicazione del direttore generale welfare di Luigi Cajazzo della Regione Lombardia: “Tutti gli interventi e le attività programmate salvo quelle strettamente non procrastinabili vengano sospese anche al fine di favorire l’aumentata esigenza di ricovero dei pazienti nelle diverse aree di degenza ospedaliera”. Interrotta dal 5 marzo anche l’attività ambulatoriale, tranne quella d’urgenza “per convogliare il personale sulle aree ospedaliere destinate ai pazienti colpiti da coronavirus”, ha concluso l’assessore al Welfare Giulio Galera. In Piemonte è stata decisa la sospensione immediata di tutta l’attività chirurgica ordinaria che implichi l’utilizzo delle sale operatorie. Anche qui esclusi gli interventi salvavita e quelli chirurgici urgenti. Una comunicazione diramata da parte dall’unità di crisi sul Covid-19 a tutti i direttori delle aziende sanitarie della regione. Un provvedimento più restrittivo è quello varato dalla regione della Campania, nonostante i casi in regione siano ancora pochi. Sospese tutte le attività ambulatoriali negli ospedali e nelle aziende sanitarie locali fino al 18 marzo, una misura che però non riguarda le prestazioni urgenti oltre a “dialisi, radioterapia e chemioterapia”. La Regione Toscana è invece intervenuta sospendendo in tutti gli ospedali gli interventi chirurgici programmati e non urgenti. A spiegare la misura è intervenuto il presidente toscano Enrico Rossi: “L’attività medico chirurgica è ridotta al 25 per cento. Chiunque abbia tosse, raffreddore o sintomi influenzali non deve avvicinarsi ai pronto soccorso, neanche come accompagnatore, per non correre il rischio di provocare poi l’isolamento in quarantena di medici e infermieri in servizio in quel momento”. Per quanto riguarda il Veneto, a ridurre le operazioni chirurgiche non urgenti è l’ospedale di Padova, il più vicino alla zona rossa dell’area di Vo’ Euganeo. Luciano Flor, direttore dell’azienda ospedaliera, ha così spiegato la situazione: “Abbiamo ridotto le attività programmate che utilizzano rianimazione, anche in oncologia. Siamo a circa il 50 per cento in meno. Ci viene meno quota importante, ma non abbiamo scelta visto l’alto numero di pazienti in arrivo”. Garantiti invece le urgenze, i trapianti e gli interventi non differibili. Misure che sono scattate anche nelle strutture di Venezia, Mirano e Dolo. Nel reparto di Santa Maria del Prato, a Feltre, sospesa la chirurgia salvo urgenze. In Emilia Romagna si trova una situazione simile negli ospedali di Piacenza, Castel San Giovanni e Fiorenzuola. Per via dell’alto numero di contagi da Covid-19, molti dei reparti sono stati completamente dedicati al contagio, rimandando le prestazioni chirurgiche e ambulatoriali, salvo le urgenze. A Reggio Emilia, in forte difficoltà è invece l’ospedale di Montecchio, a seguito dell’esito positivo di un tampone su un paziente. Trasferita all’ospedale di Guastalla l’attività chirurgica, mentre è stato chiuso il centro prelievi e sono state previste restrizioni agli orari di visita ai pazienti. Il Lazio, non ancora fortemente colpito, non ha ancora una direttiva regionale sul modello delle altre già colpite, ma a Roma si stanno già applicando i primi sforzi nella direzione di potenziare il supporto ai pazienti affetti dal coronavirus. A tal proposito è intervenuto l’assessore alla Sanità e l’Integrazione Sociosanitaria regionale Alessio D’Amato, che ha annunciato un’ordinanza per potenziare le terapie intensive. Al via dunque una “riorganizzazione dei setting interni” che coinvolgerà l’Istituto Spallanzani di Roma, il Policlinico Umberto I, il Policlinico Gemelli, l’A.O. Sant’Andrea e il Policlinico di Tor Vergata. Nuovi presidi nelle province di Viterbo, Belcolle, De Lellis di Rieti, Spaziani di Frosinone e il Goretti di Latina. Con il coordinamento dello Spallanzani come HUB regionale, verrà invece ampliata la rete regionale dei laboratori per i test.