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Coronavirus, Bramini: "Non basta la polmonite per fare il tampone"

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Per fare il tampone del coronavirus non basta avere la polmonite, serve contatto diretto: le parole del dottor Claudio Bramini.

Per fare il tampone e verificare la positività o meno al coronavirus non basta avere la polmonite interstiziale o la febbre, ma sarebbe necessario aver avuto un contatto diretto con un altro positivo. É questo il racconto fatto da Claudio Bramini, medico di famiglia a Sagliano Micca in provincia di Biella, che al Fatto Quotidiano ha detto: “Serve la certezza di un contatto con un positivo per fare il tampone”. Una certezza il più delle volte difficile da dimostrare e soprattutto complicata nei suoi meccanismi. Se le direttive riportate dal dottor Bramini fossero vere, potrebbe voler dire che il numero dei contagi in Italia sarebbe ben più alto rispetto agli attuali, visto che ci sarebbero molto pazienti positivi al coronavirus che non sarebbero però considerati come tali in quanto non hanno fatto il tampone.

Tampone per coronavirus, no a chi ha la pomonite

Il racconto del dottor Bramini parte inevitabilmente da quello che le autorità sanitarie hanno comunicato o lui, come ad altri medici, ovvero sia di non trattare i pazienti sospetti in un cura. Un po’ come cioè se quest’ultimi non fossero soggetti al coronavirus.

La scelta del dottore però sarebbe andata in tutt’altro senso e, se pur con prudente, ha monitorato costantemente a distanza la situazione di suoi 4 casi sospetti: “Ho detto loro di restare a casa e non vedere nessuno. Abbiamo comunicazioni giornaliere in cui mi aggiornano sullo stato di salute”.

Tampone solo ai vip

C’è anche una parte più critica espressa dal dottor Bramini, che pone il punto sulle differenze sociale: “Una cosa vorrei capire, come sia possibile: leggo di tante persone famose, calciatori, politici e vip vari che pure senza sintomi hanno avuto la possibilità di essere sottoposti a tampone. Vorrei capirlo, poi magari ogni regione dà disposizioni diverse e qui in Piemonte siamo più rigidi, ma è assurdo che non ci possa essere un quadro chiaro su quest’ aspetto per noi medici di famiglia”.