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Coronavirus, primario di Bergamo: "C'è rischio di focolai di ritorno"

Coronavirus primario Bergamo

A lanciare l'allarme contro il Coronavirus è anche il primario di terapia intensiva a Bergamo: "Passato il picco, ci sono i focolai di ritorno".

Prima la paura Coronavirus ha fermato il Lodigiano, ora è Bergamo a chiedere aiuto. Ospedali nella Bergamasca e nel Bresciano sono stremati, le strutture sono al collasso. La Lombardia è la regione più colpita dall’emergenza Covid-19. A risentirne è soprattutto la provincia di Bergamo. Quasi 3000 persone positive, di cui 261 decedute. L’assessore lombardo al Welfare, Giulio Gallera, ha detto che proprio nelle due province più critiche “gli ospedali hanno esaurito fisicamente la capacità di accoglienza”. A lanciare l’allarme è anche il primario di terapia intensiva a Bergamo, Luca Lorini, che mette in guardia sui possibili focolai di ritorno.

Il primario si è detto preoccupato per la delicata situazione attuale, soprattutto perché “la gente deve capire che ce la faremo se solo si starà rigorosamente in casa. Non possiamo permetterci focolai di ritorno e il rischio, purtroppo, esiste perché ci sono tante Italie e non una sola”. Sulle misure adottate dal governo italiano, invece, ha commentato: “Le ritengo congrue ma tardive. Se le avessimo applicate prima avremmo possibilità di uscirne prima”.

Coronavirus, allarme a Bergamo

Mancano i posti letto a Bergamo, una città ormai spettrale. La gente, comprensibilmente, ha paura. Beatrice Stati, direttrice generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII, ha spiegato: “Sono stati attivati 80 posti di terapia intensiva e 350 posti di ricovero fra l’ospedale di Bergamo e quello di San Giovanni Bianco, esclusivamente per pazienti positivi al coronavirus”. L’emergenza richiede turni massacranti, ma il personale sanitario è carente: mancano medici, infermieri e oss. I reclutamenti portati avanti dalla Regione e dalla stessa Asst sono al momento insufficienti a colmare le necessità. La Asst Papa Giovanni XXIII ha attivato dei protocolli di formazione interna che hanno permesso di formare finora 2300 persone. Così operatori di altri reparti sono ora a disposizione per curare i pazienti positivi al Covid-19.

Già lo scorso 9 marzo, Luca Lorini dal reparto di rianimazione a Bergamo aveva avvertito della gravità della situazione, dichiarando: “Presto potremmo essere costretti a fare delle scelte”. Nel suo ospedale i ricoveri aumentano giorno dopo giorno, così come i casi di contagio. Molte le persone che ha visto morire nelle ultime ore. Ma non perde la speranza: nei prossimi giorni, ha spiegato, si potrà raggiungere il picco e da fine settimana la curva dei contagi potrebbe essere calante. Tuttavia, ha precisato: “Sempre se la gente sarà rispettosa e resterà a casa”.

Le parole di Luca Lorini

La lotta contro il Coronavirus è per lui una guerra subdola e silenziosa. Intervistato da Il Messaggero ha ribadito: “Ne approfitto per lanciare un appello a rispettare i divieti imposti. In questo momento è come se ci fossero tante Italie e forse non tutti hanno ben presente cosa è accaduto o sta accadendo qui. Vorrei chiedere a tutti di ricordare che dal rigore che ci imponiamo non si alimenteranno ulteriori focolai futuri”. Il professore ha sottolineato il possibile ritorno del virus: “Il pericolo, una volta che il picco è passato, sono i focolai di ritorno, ha dichiarato. E ancora: “È un possibile rischio che farebbe ripartire di nuovo tutto. E sarebbe disastroso.

Il numero delle vittime aumenta a dismisura nell’arco di ventiquattr’ore. A tal proposito, Lorini ha dichiarato: “I numeri del contagio evidentemente non sono quelli che vengono raccontati. Mi spiego: si stima che per ogni tampone positivo vi siano almeno cinque altre persone che sono state contagiate anche se sono asintomatiche o hanno già superato questa malattia. Non risultano conteggiati perché non hanno mai fatto un tampone. Un aspetto che dimostreremo a breve facendo dei tamponi a campione. Ecco perché è fondamentale non avere contatti, evitare la socialità, fare un sacrificio e restare a casa”. E ancora: “I nostri numeri riguardano coloro che arrivano in ospedale e stanno già male. Tante persone però guariscono spontaneamente, anche se noi osserviamo solo le persone gravi”.

L’età media dei malati si sta abbassando e a riguardo ha precisato: “Succede perché la malattia è partita a metà di febbraio, e come succede sempre nelle epidemie, le persone che si ammalano subito e fanno i grandi numeri sono gli anziani. Dopo una decina di giorni emergono le malattie dei giovani che, a loro volta, si dividono in coloro che hanno superato la malattia e coloro che si presentano in ospedale in uno stato grave e già compromesso, dopo avere combattuto a casa la patologia. Se fossero arrivati prima in ospedale avrebbero avuto più possibilità di salvarsi, ma purtroppo i posti letto scarseggiano. Poi ha fatto sapere: “La malattia ha una incubazione lunga e noi calcoliamo che i bilanci si faranno alla fine di questa settimana. Noi puntiamo a spegnere il contagio. È l’obiettivo primario”.