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Coronavirus a Bergamo, dal 23 febbraio Alzano Lombardo è un focolaio

Coronavirus Bergamo

Il Coronavirus ha colpito soprattutto Bergamo. Il primo focolaio è stato ad Alzano Lombardo, dove 2 casi sono stati riscontrati lo scorso 23 febbraio.

L’emergenza Coronavirus a Bergamo non dà tregua. I posti letto in terapia intensiva sono finiti. In 7 giorni si sono registrate 385 vittime, con oltre 10 pagine di necrologi sull’Eco di Bergamo. Lo spazio per le persone decedute scarseggia e il sindaco Gori lo dice chiaramente: “Un forno crematorio non basta”. La zona è diventata un lazzaretto: il focolaio è partito da Alzano Lombardo lo scorso 23 febbraio, a due giorni di distanza dal primo caso di Codogno, dove il paziente 1, di 38 anni, è stato ricoverato.

Coronavirus a Bergamo: il focolaio ad Alzano Lombardo

Perché la Bergamasca non sia “zona rossa” se lo domandano in tanti. Tra questi c’è il professor Giuseppe Remuzzi e il chirurgo dell’ospedale di Treviglio. La città è irriconoscibile, spettrale. Niente canzoni sui balconi, luci fotografate dal satellite. Niente flash mob. L’unico suono è quello delle ambulanze, che in una frenetica lotta contro il tempo corrono verso l’ospedale e le case dei pazienti malati. Per i medici della zona è una vera e propria “guerra”. Lo spazio per i malati scarseggia e gli operatori sanitari sono costretti a prestare le cure del caso dove si può: nell’atrio del pronto soccorso, in sala parto e persino nei corridoi. Mancano apparecchiature, personale, tempo. Le pompe funebri sono in tilt, nei cimiteri lo spazio comincia a scarseggiare. Se è vero che quando si muore si è soli, con il Covid-19 lo si è ancora di più: per le vittime del virus nessuna cerimonia, nessun affetto attorno. Una vita svanita in un attimo, senza alcuna dignità.

Il 4 marzo Bergamo ha superato Lodi, con 817 contagi contro i 780 della zona rossa intorno a Codogno. Qualcosa non ha funzionato. C’è una falla che dev’essere chiarita.

Nella Bergamasca i primi casi sono stati registrati ad Alzano Lombardo, un piccolo comune della Val Seriana, a meno di sei chilometri da Città Alta. Insieme a Nembro detiene il triste record della più alta incidenza di contagi da Covid-19 di tutta Europa.

La dinamica

Nel pomeriggio del 23 febbraio, all’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo, c’è un infetto (ancora ignaro) al pronto soccorso. Un luogo dove la possibilità di contagio si fa elevatissima. L’ospedale viene immediatamente chiuso. Tuttavia, dopo poche ore e senza alcun “intervento di sanificazione e senza la costituzione nel pronto soccorso di triage differenziati né di percorsi alternativi”, la struttura è tornata attiva. A denunciarlo sono due operatori sanitari che chiedono l’anonimato, fa sapere Tpi.

Nei giorni successi, sottoposti ai tamponi, si è scoperta la positività di molti medici e infermieri. Alcuni di loro sono particolarmente sintomatici. Eppure, “tutti i contatti stretti delle persone accertate positive non vengono più sottoposti a tampone se asintomatici”, fanno sapere gli operatori sanitari ad Avvenire. Così facendo arginare il focolaio contenendo il contagio è risultato impossibile. Nonostante le scuole chiuse, la gente della zona (e di tutta la Lombardia) continuava a lavorare e spostarsi.

Intanto all’ospedale di Anzano Lombardo, il Coronavirus ha colpito il primario, alcuni medici, gli infermieri, fino ai portantini. Persino pazienti che arrivano con una frattura si scopre siano positivi al Covid-19. Un’infermiera, a Valseriana News, ha fatto sapere: “Noi siamo di guardia al pronto soccorso con un medico positivo al tampone e nessuno lo allontana. Gli hanno dato ordine di rimanere qui fino a domani mattina, indossando la mascherina. Rischio il posto di lavoro a dire queste cose, ma sono stanca di essere presa per i fondelli, ci sono mille raccomandazioni e poi mi metti di guardia un medico che sai che è positivo!”.

Anche Camillo Bertocchi, sindaco della cittadina, mostra il suo sconforto, dichiarando: “Anche noi siamo rimasti attoniti da quello che è successo quella domenica pomeriggio all’ospedale. Consideri che la mattina stavamo decidendo se festeggiare o no il carnevale e il pomeriggio ci sono stati i primi due casi”.

Le parole del sindaco di Alzano Lombardo

Nell’arco di pochi giorni ad Alzano, come a Nembro, i casi aumentano a dismisura. “Abbiamo capito da subito che la situazione era seria. Infatti, insieme ad altri sindaci, abbiamo emesso immediatamente delle ordinanze urgenti per stringere le maglie di quella ministeriale”, ha fatto sapere il sindaco Bertocchi.

Sull’emergenza Coronavirus a Bergamo ha aggiunto: “Non so se si ricorda ma nella stessa città di Bergamo si invitava la gente a tornare nelle strade a sostenere le attività, a prendere i mezzi pubblici. Mentre noi consapevoli della criticità avevamo preteso fermezza. È stato un momento non semplice, perché i nostri operatori e commercianti si chiedevano perché la gente a Bergamo potesse fare ciò che voleva, mentre il sindaco di Alzano li costringeva a chiudere a una determinata ora. Per il semplice motivo che noi avevamo inteso la gravità e il principio era: regole rigide subito per uscirne il prima possibile.

“Quando è uscito il decreto ministeriale del primo marzo, nel quale si diceva che le società sportive potevano continuare a restare aperte noi lo abbiamo visto come una cosa folle, ha commentato il sindaco Camillo Bertocchi. Infatti, ha fatto sapere: “Abbiamo chiamato le società sportive e gli abbiamo detto: il decreto vi da la possibilità di restare aperte, ma noi vi invitiamo ad astenervi dal farlo. Qua giocano migliaia di ragazzi, abbiamo squadre di pallavolo, calcio, pallacanestro. La norma aveva introdotto una sorta di lassismo dicendo. È grave, dal governo non ci date la possibilità di fare delle ordinanze e allora chiediamo un atto di responsabilità ai nostri cittadini”.

E ancora: “Abbiamo cercato risposte e non le abbiamo avute: né dal governo, né dalla prefettura, non abbiamo capito perché si siano aspettati tutti quei giorni. In quei 4 giorni la gente era più interessata a capire se c’era o no la zona rossa e non era interessata a contenere i contagi”. Il sindaco era già consapevole dell’emergenza Coronavirus a Bergamo, ma pare non fosse lo stesso ai vertici del governo. Così ha ribadito: Non c’era la percezione del pericolo e questa incertezza non ha giovato alla nostra missione che era quella di contenere l’epidemia. Arriverà il momento in cui capiremo che cosa è successo”.