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Coronavirus, il racconto di Michele: salvo dopo due settimane in coma

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Un 41enne della provincia di Brescia ha raccontato la sua esperienza dopo essere guarito dal coronavirus e aver trascorso ben 16 giorni in coma.

Arriva dalla provincia di Brescia la storia di un consulente informatico di 41 anni guarito dal coronavirus dopo aver trascorso ben 16 giorni in coma farmacologico presso La Fondazione Poliambulanza Istituto ospedaliero della città lombarda. Michele, questo il suo nome, ha raccontato di aver avuto le prime avvisaglie del contagio il 28 febbraio, quando è stato immediatamente trasportato in ospedale e ricoverato nel reparto di terapia intensiva dal quale è uscito il 15 marzo scorso.

Coronavirus, la storia del 41enne di Brescia

L’inizio del calvario di Michele parte lo scorso 28 febbraio, quando decide di chiamare il numero verde regionale dopo che da qualche giorno presentava febbre alta e sintomi riconducibili al coronavirus: “Volevo fare il tampone, ma non potevo al numero verde della Lombardia dicevano che solo chi era stato nella zona rossa (Casalpusterlengo e Lodi) nei 15 giorni addietro poteva farlo”. Dopo le insistenze dei familiari e del suo medico di base, viene prelevato da un ambulanza che lo trasporta in codice rosso in ospedale.

Nel nosocomio gli viene diagnosticata un‘infezione polmonare da coronavirus e subito condotto nel reparto di terapia intensiva dove viene predisposto il coma farmacologico: “Sarei potuto morire. Io 41 anni, fisico di ferro, nessuna patologia pregressa, sarei potuto morire di coronavirus. Giusto il tempo di togliere le lenti a contatto, qualche telefonata per avvisare della mia condizione”.

Il risveglio dal coma

Dopo essere stato in coma per 16 giorni, Michele viene risvegliato e dichiarato guarito dal coronavirus. L’uomo però ci tiene a specificare che non ce l’avrebbe mai fatta senza l’intervento dei medici dell’ospedale: “Non mi hanno mai lasciato da solo. I medici e gli infermieri si sono presi cura di me. […] Sapevo che non sarei morto, ero in buone mani. Le mani di quelle che sono a loro volta persone con figli e famiglia e che mettono a rischio la loro vita per la nostra stessa vita”.

Attualmente Michele si trova ancora sotto monitoraggio in ospedale, dove afferma di voler ringraziare i medici che lo hanno salvato: “Vorrei salutare tutto lo staff, ma non posso. Quando si saranno calmate le acque però, li andrò a trovare”.