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Emergenza coronavirus, la toccante lettera di un medico d'urgenza

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La dottoressa Cataudella ha scritto una lettera dove ringrazia tutti coloro che lavorano in prima linea per affrontare l'emergenza coronavirus

Emanuela Cataudella, medico del Pronto soccorso/Medicina d’urgenza dell’Asst Santi Paolo e Carlo di Milano, ha scritto una lettera, diffusa dal suo ospedale, dove ringrazia tutti i medici, infermieri e operatori sanitari che in questi giorni sono in prima linea ad affrontare l’emergenza coronavirus. Parole toccanti, quelle del medico, che fanno riflettere sul duro e importante lavoro dell’assistenza sanitaria in Italia.

Le parole del medico

Siamo stremati fisicamente e psicologicamente. Ma non abbandoniamo la nave, non lo abbiamo mai fatto. Non abbandoniamo i pazienti, non lo abbiamo mai fatto. Figuriamoci ora che sono soli, impauriti, provati nel fisico e nella psiche, molti gravi”. Per Cataudella “è finita l’ennesima lunga e faticosa notte. A fine turno si resta un po’ soli con se stessi e si viene assaliti da mille riflessioni”.

“Oggi mi è venuto in mente orgoglio e pregiudizio – spiega il medico – e lo dedico ai medici, agli infermieri, agli operatori sanitari, tutti indistintamente. Lo dedico a loro: alla mia seconda famiglia”. Emanuela Cataudella comincia dal “pregiudizio. Chi lavora nell’urgenza sa bene il pregiudizio sociale che spesso viviamo. Il pregiudizio di un’identità professionale che molto spesso non ci viene riconosciuta. Il pregiudizio di chi crede che abbiamo scelto la professione medica come missione, per cui è ingiusto e scorretto lamentarci; per cui è giusto essere sottoposti a turni massacranti; per cui è giusto vivere ogni giorno al limite delle nostre forze; per cui è giusto essere sottoposti alla gogna mediatica”. Per poi aggiungere: “il pregiudizio di chi ci urla che il sovraffollamento è colpa nostra; di chi ci insulta perché non siamo veloci ed efficaci (come se un codice rosso e un codice giallo potessero essere valutati e trattati in pochi minuti); di chi negli anni ha depauperato, un pezzettino per volta, le nostre risorse, buttandoci, senza nessuna considerazione, in trincea“.

Poi si sofferma sull’orgoglio. “Oggi in trincea ci siamo ancora, in prima linea. Perché lo vogliamo. Perché è giusto. Oggi, più che mai, sono orgogliosa di fare questo lavoro e di farlo con un gruppo di persone che ci credono, che ci hanno sempre creduto; che lo praticano con dedizione e cura, che lo fanno e lo hanno sempre fatto spinti dalla passione. Persone che hanno trasformato quella passione nel loro lavoro, che usano quella passione come carburante che, oggi, alimenta una ‘macchina umana’ che mai avrei pensato. Siamo stanchi, feriti nel fisico e nell’anima. Ma sappiamo che i nostri pazienti e le loro meravigliose famiglie lo sono di più. Loro non sono abituati alla trincea, noi sì. E quindi con orgoglio ci portiamo, in silenzio, il fardello di questa maxi-emergenza sanitaria”.

“Con orgoglio – scrive la dottoressa- li vediamo farci forza, con orgoglio asciughiamo le loro lacrime e consoliamo il loro dolore, con orgoglio li curiamo. Torniamo a casa dal lavoro con il cuore stretto nella morsa del dolore, pensando a chi non ce l’ha fatta, a chi non ce la farà nonostante i nostri sforzi, pensando alle loro famiglie distrutte e alle nostre che ci guardano da lontano temendo un nostro crollo psicofisico. Ma noi ce la faremo. Il sistema sanitario italiano ce la farà, perché nonostante tutto ha dato una grande lezione di efficacia ed efficienza”.

Il medico d’urgenza ringrazia quella che lei considera la sua seconda famiglia: “Grazie agli splendidi specializzandi, sempre con noi in prima fila; grazie alle caposala (Pronto soccorso e Medicina d’urgenza) e alla nostra infermiera visual per il loro instancabile lavoro; grazie ai colleghi medici e infermieri più esperti che stanno regalando la loro esperienza; grazie al primario, capitano tenace, presente, forte, che ci sta guidando con competenza e capacità su questo mare in tempesta”. Per poi concludere: “Solo quando tutti contribuiscono con la loro legna da ardere è possibile creare un grande fuoco’. Il fuoco dell’urgenza. Grazie medici e infermieri d’urgenza di tutta Italia. Insieme ce la faremo“.