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Coronavirus, l'avvertimento degli esperti: "Non teme il caldo estivo"

Coronavirus freddo

Secondo gli esperti non vi è alcuna relazione statistica tra il Coronavirus e il caldo estivo: il Covid-19 non teme le alte temperature.

Con nuovi e più restrittivi provvedimenti da parte del governo italiano, si cerca di contenere l’emergenza Covid-19, diminuendo i contatti, proteggendo i cittadini e apportando, si spera, un calo dei contagi. I numeri, nonostante la lieve flessione registrata, sono ancora alti e drammatici. In molti sperano che l’arrivo della bella stagione aiuti a debellare definitivamente il virus, permettendo al nostro Paese (e al resto del mondo) di risollevarsi da mesi bui e difficili, tornado a condurre la propria vita di sempre. Tuttavia, in seguito a una serie di studi condotti, gli esperti hanno fatto sapere che tra il Coronavirus e il caldo estivo non vi sarebbe alcuna relazione statistica.

Infatti Massimiliano Fazzini, climatologo dell’Università di Camerino e Coordinatore del Gruppo di esperti sul Rischio Climatico della Società Italiana di Geologia Ambientale (Sigea), ha avvertito: “Il Coronavirus non terrebbe conto delle variazioni climatiche. Questo è il risultato di uno studio in costante evoluzione”.

Coronavirus non teme il caldo estivo

Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, ha ricordato che nel 2014 un virus paragonabile a quello odierno contagiò numerosi cammelli in Medio Oriente. In quell’occasione, il contagio ci fu “in condizioni climatiche non fredde”. A spiegare la mancata relazione tra Coronavirus e alte temperature è il climatologo Massimiliano Fazzini.

La conferma è arrivata in seguito agli studi avviati il 20 gennaio scorso. È stata testata prima l’area di Wuhan, epicentro della pandemia, poi zone particolarmente fredde e calde del globo e, infine, Lombardia e Veneto, i focolai italiani del Covid-19.

A Wuhan, nell’intero mese di febbraio parallelamente al periodo in cui è stato registrato il picco di contagi, la temperatura è stata fredda. Tuttavia, i dati erano superiori alla media. Anche le precipitazioni sono state inferiori rispetto alle medie stagionali. Alla luce di simili riscontri. Gli esperti hanno dichiarato: “Queste anomalie non sono tali da poter amplificare il segnale epidemiologico”. Inoltre, il rapporto tra l’andamento del contagio giornaliero e quello termico ha come risultato coefficiente di correlazione pari a 0,11, un dato “statisticamente insignificante”.

“Il quadro del clima non ha influito in alcun modo sull’evoluzione dell’epidemia”, è la prima conclusione a cui sono giunti gli studiosi. Anche a marzo in Cina, dove il virus sembra essere debellato ma si teme per i cosiddetti “contagi di ritorno”, non si osservano anomalie termiche significative “tali da poter eventualmente giustificare un rapido calo della virulenza dovuto al segnale termico”.

Dal 20 febbraio 2020 al 18 marzo, gli esperti hanno realizzato lo studio prendendo in esame l’area del lomardo-veneto, la più colpita dall’emergenza Covid-19. Sono stati analizzati i dati termici, pluviometrici e del vento di dieci stazioni nei tre focolai principali di diffusione (aree di Codogno, Nembro e Vo’). Stesse considerazioni effettuate in altre quattro province lombarde fortemente interessate dal virus. Si tratta, in tal caso, di Bergamo, Brescia, Cremona e Pavia.

Lo studio in Italia

La conclusione è analoga a quella emersa a Wuhan. Infatti, i coefficienti di correlazione tra la diffusione giornaliera del virus e i parametri meteoclimatici “non hanno affatto evidenziato alcun rapporto statistico”. Dal punto di vista meteo-ambientale, non sussiste una relazione necessaria e sicura tra le variazioni climatiche e l’evoluzione epidemiologica del Coronavirus. A farlo sapere è il professor Fazzini.

Massimiliano Fazzini ha avvertito: “Da più parti si sono fatte svariate allusioni sull’incidenza della variabile temperatura evidenziando che il virus potesse perdere virulenza all’aumentare o al sensibile diminuire di questo parametro. Alcuni divulgatori hanno curiosamente evidenziato che il Covid-19 morirebbe oltre i 27 gradi centigradi di temperatura. Per ora l’indicazione non è confermata dai nostri rilevamenti. Anche le variabili del soleggiamento e del vento non danno indicazioni in questo senso”.