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Coronavirus, Gori: "Per ogni deceduto per Covid, altri 3 muoiono in casa"

Coronavirus Gori

Sull'emergenza Coronavirus, il sindaco Gori fa sapere: "Per ogni deceduto per Covid ce ne sono tre che muoiono in casa di polmonite e senza test".

La situazione a Bergamo resta critica a causa dell’emergenza Coronavirus, ma il sindaco Giorgio Gori si è detto “fiducioso”. Da giorni aveva ribadito l’esigenza di chiudere tutte le fabbriche, fermare definitivamente una città ormai deserta. “Siamo in guerra”, sono state le sue parole. Non ha mai nascosto la paura dei suoi cittadini, tra i quali la morte aleggia imperante in tutta la sua drammaticità. Bergamo è affascinante nelle sue vie del centro, appare meravigliosa lungo la passeggiata con conduce alla Città Alta, dove si assapora una bellezza rara tra viuzze ed edifici storici. “Vai a casa”, urlano alcuni residenti rivolgendosi ai pochi che ancora si vedono per strada. Oltre dieci pagine di necrologi sull’Eco di Bergamo testimoniano la durezza delle ultime settimane. “Un forno crematorio non basta”, aveva avvertito il primo cittadino bergamasco. No c’è più posto per i molti defunti, che in pochi istanti hanno visto strapparsi per sempre la propria vita, completamente soli e lontani da ogni affetto. Restano impresse le immagini dell’esercito tra le vie di Bergamo, con salme alla ricerca di una degna sepoltura, distante da casa, dalla propria città, dalla famiglia.

“In questi giorni sta vedendo morire tanti uomini e donne e cancellare intere generazioni, senza nemmeno poter dare loro un degno saluto”, è stato il commento di Gori. Il sindaco ora spiga: “I numeri sono la rappresentazione della capacità di fare diagnosi e cura, ma non della effettiva diffusione della malattia che è molto superiore.

Coronavirus, l’allarme del sindaco Gori

Non si canta l’inno nazionale, non si fanno cori, nessuna canzone intonata sui balconi. Nessun flash mob. A Bergamo si tace, in una sorte di perenne lutto cittadino e di estremo rispetto nei confronti delle moltissime vittime.

“Oggi a Bergamo non siamo in grado di portare tutti in ospedale e quindi succede che molte persone muoiono a casa, molte più di quante vengano contabilizzate ogni giorno per il virus”. A dichiararlo è il sindaco Giorgio Gori nel corso di una videochiamata con il sindaco di Bari e presidente dell’Anci, Antonio Decaro.

Il primo cittadino bergamasco, infatti, ha spiegato: “Ho fatto una ricerca mettendo insieme il dato del mio Comune e di altri 12 con i dati dell’anagrafe sui morti. Il rapporto è di quattro a uno”. Quindi ha concluso: “Per ogni persona che risulta deceduta con diagnosi di Coronavirus, ce ne sono altre tre per le quali questo non è accertato. Muoiono di polmonite. Si tratta di probabili vittime di Covid-19, per le quali però non c’era posto nelle strutture ospedaliere. A molti deceduti, ha precisato Gori, non era stato fatto il tampone. Per questo motivo, non si può dire con certezza se fossero positivi al virus. Restano nelle proprie abitazioni e lì, quando la situazione si aggrava e il quadro clinico risulta compromesso, vengono a mancare.

Gori ha sottolineato: “I numeri sono la rappresentazione della capacità di fare diagnosi e cura, ma non della effettiva diffusione della malattia che è molto superiore. Si dice che in provincia Bergamo ci sono 6216 contagiati, ma sono soltanto gli ammalati in gravi condizioni che arrivano in ospedale a cui viene fatto il tampone. Se però avete sintomi ma respirate i medici dicono di stare a casa, nessuno vi fa il tampone e non entrate nelle statistiche“.

L’invito rivolto al resto degli italiani

Durante la videochiamata con Antonio Decaro, il sindaco Giorgio Gori ha aggiunto: Le misure che coinvolgono i cittadini siano prese sul serio. Il fatto che lì non ci siano centinaia di morti tutti i giorni non è una buona ragione per andarsene a spasso e prendere le cose alla leggera. Noi paghiamo di aver pensato che si potesse vivere normalmente ancora a inizio marzo. Invece, questa cosa non si poteva fare e non si può fare a Bari, Palermo e Roma se si vuole che questa cosa si fermi”.

Si è rivolto anche agli italiani che vivono fuori dalla Lombardia e dalle regioni meno colpite dal Covid-19. A loro ha detto: “Auguro a tutti gli amici che vivono fuori da questa regione di non dover affrontare una prova dura come quella che sta toccando a noi. Però è giusto essere preparati e per questo il governo ha preso la decisione più difficile che è quella di fermare gran parte delle attività produttive non solo per la Lombardia”.

A tal proposito, a pochi minuti dalla decisione presa da Conte nella serata di sabato 21 marzo, ha lasciato un commento sui suoi social. “Stop in tutta Italia alle attività produttive non essenziali. Il Governo si fa carico di una scelta difficilissima ma necessaria a tutela dei lavoratori. Per ripartire servirà un lavoro straordinario, con sacrifici da parte di tutti”, ha scritto.