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Coronavirus, Gallera: "Il contagio non è nato negli ospedali"

coronavirus lombardia 28 marzo

Giulio Gallera, l'assessore al Welfare della Regione Lombardia è convinto che il contagio da coronavirus non sia nato negli ospedali.

Prima che si scoprisse la positività del paziente 1 al coronavirus, i tamponi venivano effettuati soltanto a coloro che tornavano dalla Cina. Gallera, assessore lombardo al Welfare, ha chiarito a Omnibus che il contagio non è quindi scoppiato o nato negli ospedali. Piuttosto, ha aggiunto, il fatto dei tamponi “è stato uno degli elementi di sviluppo e di diffusione”. Il Covid-19 “non è nato all’interno degli ospedali, è nato dai bar, nelle balere, in altri luoghi, si è propagato negli ospedali”.

Coronavirus, Gallera: contagio negli ospedali

Giulio Gallera, l’assessore al Welfare della Regione Lombardia è convinto che il contagio da coronavirus non sia nato negli ospedali. Infatti, prima della scoperta del “paziente 1” di Codogno, “le regole del Ministero della Salute erano di fare i tamponi a tutti i coloro che arrivavano dalla Cina e avevano problemi respiratori”. Dunque, assicura Gallera, “la Lombardia come tutto il resto d’Italia si è adeguata, per cui alle persone che non avevano sintomi particolari o non arrivavano dalla Cina non sono stati fatti i tamponi”.

Rispetto al decreto che inasprisce le multe e le sanzioni per chi non rispetta le norme di contenimento, l’assessore al Welfare si è espresso applaudendo l’operato del premier Conte. “La data del 31 luglio – ha detto infatti Gallera – è stata meglio rettificata dal Presidente del Consiglio”. Il messaggio è chiaro ed evidente “e io lo condivido”, ha aggiunto. “Non è che tra dieci giorni, nella speranza che possa scendere o rallentare la diffusione del contagio, possiamo immaginare che tutto sia finito e tornare come prima ad animare i bar o a ritrovarci nei parchi. Sarà una lunga stagione per riuscirci“.

Per quanto riguarda, invece, il collegamento tra clima e coronavirus, Gallera chiarisce: “Il caldo sicuramente ci aiuterà ma finché noi non troviamo un farmaco efficace o un vaccino il rischio che riparta c’è”. E guardando alla situazione in Cina conclude: “Stanno vivendo il problema dei contagi di ritorno. Quindi sarà lunga, anche se non penso che si possa immaginare che per quattro mesi i nostri cittadini rimangano a casa, non lo hanno fatto neanche a Wuhan”.