> > Coronavirus, Mario Riccio: "Dobbiamo decidere chi curare e chi no"

Coronavirus, Mario Riccio: "Dobbiamo decidere chi curare e chi no"

coronavirus mario riccio

La drammatica testimonianza del rianimatore Mario Riccio, in prima linea per fronteggiare l'emergenza coronavirus.

Nell’emergenza coronavirus è necessario decidere chi curare e chi no: a dirlo è l’anestesista e rianimatore Mario Riccio, impegnato in prima linea all’ospedale di Casalmaggiore in provincia di Cremona. Un compito difficile per i sanitari di lungo corso, quasi impossibile per chi ha cominciato da poco la professione. Ma la realtà è questa. Era stata prospettata ad inizio emergenza e adesso medici ed infermieri devono fare i conti ogni giorni con questa scelta.

Coronavirus, Mario Riccio: “Problema etico”

Riccio ha rilasciato un’intervista a Linkiesta in cui racconta: “Il problema rimane tuttora quello delle scelte etiche da fare, quale paziente prendere in terapia intensiva e quale rifiutare”. Il medico è consigliere generale dell’associazione Luca Coscioni ed il suo nome salì alla ribalta delle cronache nel 2006 quando aiutò Piergiorgio Welby a morire. Secondo il rianimatore “i medici sanno di non poter prendere tutti” e “deve essere necessariamente fatta una scelta tra chi deve avere una chance di vivere e chi no”. In merito la Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (Siaarti) ha anche pubblicato e diffuso un documento con indicazioni su come operare.

La medicina è cambiata per sempre

Si tratta, insomma, di un dilemma etico non di poco conto. Secondo Mario Riccio l’emergenza coronavirus ha cambiato le cose per sempre in medicina. Negli ospedali non esiste il principio del “chi viene prima”. Si convive quotidianamente con le risorse limitate. Ed in questo senso si dà priorità a chi può farcela a sopravvivere in base a diversi fattori come età, quadro clinico, patologie pregresse.

“Questo è il nostro panorama”

“Siamo in un campo di battaglia: – ha spiegato Riccio – alcuni soldati vengono abbandonati, sedati sul campo e lasciati morire. Questo è il nostro panorama. Sappiamo che alcuni pazienti non ce la faranno, e quindi non li intubiamo. Questa è una realtà molto dura che noi anestesisti abbiamo sempre vissuto, almeno da un punto di vista qualitativo”. Il rianimatore ha affermato infatti che “la medicina non sarà mai più come prima. Molti dottori hanno scoperto che non è solo la capacità di fare diagnosi e dare terapie a fare un buon medico, ma anche le scelte etiche. Molti si trovano impreparati”.