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Coronavirus, Papa Francesco dona 30 respiratori alle zone più colpite

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Papa Francesco ha deciso di donare 30 respiratori acquistati dall'Elemosineria apostolica agli ospedali delle zone più colpite dal coronavirus.

Papa Francesco scende di nuovo in campo per aiutare gli ospedali italiani impegnati nella lotta contro il coronavirus, donando 30 respiratori acquistati nei giorni scorsi dall’Elemosineria Apostolica. Stando a quanto ha fatto sapere la sala stampa della Santa Sede, i respiratori verranno donati a strutture ospedaliere che saranno selezionate appositamente tra quelle più bisognose di aiuti nel fronteggiare la pandemia di Covid-19. I presidi sanitari – specifica sempre la sala stampa – verranno consegnati nei prossimi giorni.

Coronavirus, la donazione di Papa Francesco

Quella dei 30 respiratori non è la prima donazione fatta al pontefice agli ospedali italiani nel pieno dell’emergenza coronavirus. Lo scorso 12 marzo infatti la Santa Sede aveva donato 100mila euro alla Caritas Italiana, affinché potessero essere utilizzati per dare un concreto aiuto sul territorio nazionale. Il denaro era stato donato attraverso il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale.

Un comunicato stampa diramato in occasione della donazione alla Caritas affermava infatti: “Tale somma vuol essere un’immediata espressione del sentimento di spirituale vicinanza e paterno incoraggiamento da parte del Santo Padre verso tutti quei servizi essenziali a favore dei poveri e delle persone più deboli e vulnerabili della nostra società, che le Caritas a livello diocesano e parrocchiale assicurano quotidianamente in Italia”.

Il pontefice è negativo al tampone

Nelle stesse ore Papa Bergoglio è risultato nuovamente negativo al tampone per il coronavirus, effettuatogli dopo che un ecclesiastico della Segreteria di Stato vaticana ospite della residenza di Santa Marta era stato trovato positivo nella giornata del 26 marzo. Papa Francesco non vuole per il momento tornare a vivere nel Palazzo Apostolico della Città del Vaticano, luogo secondo lui troppo isolato e che non gli permetterebbe di poter seguire doverosamente gli affari di Stato.