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Coronavirus, il virus circolava in Italia da inizio gennaio: lo studio

Coronavirus primi casi Italia

Per uno studio sul Coronavirus di ricercatori, medici ed epidemiologi di università lombarde, i primi casi nel Nord Italia risalgono a inizio gennaio.

Medici di base del Lodigiano e non solo avevano denunciato un picco di polmoniti nel mese di gennaio. A sottolinearlo è anche uno studio scientifico sul Covid-19, frutto della collaborazione di diverse università lombarde appoggiate dalla direzione Sanità della Regione Lombardia, da varie Agenzie per la tutela della salute lombarde e dalla Fondazione Bruno Kessler di Trento. Il Coronavirus pare circolasse da molto prima del 20 febbraio, quando la notizia di Mattia, paziente 1 di Codogno, è rimbalzata su tutte le prime pagine dei giornali: i primi casi registrati nel Nord Italia, infatti, risalirebbero a inizio gennaio.

Coronavirus, i primi casi in Italia

Le analisi condotte da un team di ricercatori, medici ed epidemiologi di diverse università lombarde hanno rivelato che il Covid-19 è arrivato in Italia a inizio gennaio, ben prima del caso di Codogno e dei due cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma, lo scorso 30 gennaio.

Lo studio scientifico, al momento disponibile sull’archivio pubblico Arxiv, ha analizzato i primi 5830 casi di Covid-19 registrati in Lombardia fino all’8 marzo. Prendendo in esame i dati epidemiologici e tracciandone i contatti, gli esperti sono giunti a diverse conclusioni. La vicenda del 38enne lodigiano nascondeva un’epidemia già in atto nei comuni a Sud della Lombardia: “A Codogno i primi casi riportati hanno sviluppato sintomi verso la fine di gennaio 2020”, si legge nello studio. Tuttavia, si specifica, tra il contagio e la comparsa dei sintomi può passare diverso tempo, anche due settimane.

Gli altri risultati dello studio

Dalle analisi eseguite nel recente studio disponibile su Arxiv, gli esperti hanno fatto sapere che ogni soggetto contagiato potrebbe trasmettere l’infezione a più di tre persone in media. “Se non controllata, potrebbe portare all’infezione di circa il 70- 80% della popolazione in pochissimi mesi, con un impatto devastante in termini di mortalità e di carico sul servizio sanitario, in particolare sulle terapie intensive”, ha spiegato Stefano Merler, ricercatore della Fondazione Kessler, che ha partecipato in prima persona allo studio.

Inoltre, pare non vi siano rilevanti differenze di carica virale tra sintomatici e asintomatici. Conseguentemente, sottolineano gli studiosi, anche coloro che non hanno sintomi ma sono positivi al Coronavirus hanno la capacità di trasmettere l’infezione.

Lodi, Bergamo e Cremona si confermano le città lombarde più colpite dal virus. Fortunatamente, hanno fatto sapere i ricercatori, da quando sono stati scoperti i primi casi nel Lodigiano è stato possibile controllare la trasmissione, anche grazie alle prime misure di contenimento. Ma il ricercatore Merler ha ribadito: “È necessario continuare con strategie di contenimento aggressive per controllare la diffusione di Covid-19 e mitigare esiti altrimenti catastrofici per il sistema sanitario.