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Coronavirus, Italia verso il picco di contagi: cosa cambierà

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L'analisi della curva epidemica del coronavirus in Italia è chiara: il picco di contagio è alle porte, quello che ci aspetterà dopo non sarà facile.

C’è chi se lo aspettava il 18 marzo, per altri poi la data sarebbe dovuta essere il 25, ad oggi invece si guarda al 31 del mese. Ciò che fa discutere gli esperti è proprio il giorno in cui si raggiungerà il picco di contagi da coronavirus e cioè quella data dopo la quale avremo finalmente un’inversione di tendenza.

Dopo il 31 infatti, il numero degli infetti potrebbe diminuire, anche se questo tanto atteso picco non rappresenterà il momento zero di una discesa ripida ma segnerà l’inizio delle tappe di abbassamento graduale di una curva epidemica che progredisce senza particolari scossoni.

Coronavirus, la tesi sul picco di contagio

A sostenere la tesi sul raggiungimento del picco di contagi in questi giorni è proprio il direttore vicario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Ranieri Guerra, quest’ultimo convinto che il punto di svolta si raggiungerà a cavallo della prima settimana di aprile. La tesi sulla diminuzione dei contagi è sostenuta anche dalle aspettative riposte nell’effetto delle misure di contenimento e quarantena applicate all’inizio dell’emergenza.

Secondo il vicario dell’Oms, insieme ai numeri legati al contagio scenderanno anche quelli relativi ai decessi: anche in questo caso occorrerà attendere il lento involversi dei dati. A confermare questa previsione, lo studio di un docente associato all’università commerciale Luigi Bocconi: tesi che grazie all’applicazione dei big data ha fornito una risposta sovrapponendo l’andamento dei casi di infezione della personalissima curva epidemica di Wuhan (il focolaio cinese della provincia dell’Hubei) all’andamento dei contagi nelle zone italiane più colpite dal covid-19. Il risultato? Le due curve ripercorrono nel tempo le stesse tappe.

Coronavirus, il punto in Lombardia

In Lombardia però di questo famigerato picco si era già discusso a lungo, soprattutto quando la linea che segnava l’incremento dei pazienti infetti aveva subito un ulteriore innalzamento appena dopo una prima situazione di stallo, evidenziando così l’inizio di una seconda ondata di contagi. Nell’arco temporale di 96 ore si era passati infatti da 1640 a 2543 positivi (dato raccolto il 28 marzo 2020).

“Dovremmo valutare se questo incremento rappresenti un’eccezione dovuta al mancato rispetto di alcune misure di prevezione, un picco o una nuova svolta nell’andamento epidemico” aveva commentato così Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, dopo aver appreso il significativo cambiamento riscontrato nei dati sul territorio.

L’assessore al welfare, Giulio Gallera, invece ha valutato l’impennata come l’effetto del cambio di strategia nell’effettuare i tamponi. I test infatti non vengono effettuati più solo e unicamente su soggetti che dimostrano una sintomatologia avanzata, ma vengono utilizzati anche tra il personale medico impiegato in queste ore in prima linea contro l’emergenza sanitaria.

Se pensiamo che dopo i picco la nostra strada verso l’uscita dal covid-19 sarà spianata, ci sbagliamo. Il coronavirus non svanirà in un giorno preciso, non verrà debellato in poco tempo e di sicuro la data del 31 marzo non sancirà un cambiamento tale da poter solo pensare di tornare alla normalità.