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Coronavirus, morto un detenuto a Bologna: primo caso in Italia

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Morto il primo detenuto in Italia per coronavirus: si trovava nel carcere di Bologna e aveva 76 anni.

È morto all’ospedale Sant’Orsola di Bologna un detenuto risultato positivo al coronavirus. É la prima vittima tra i reclusi in Italia, dopo le molte polemiche nelle carceri che erano scattate con lo “svuota carceri” previsto dai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri per limitare la diffusione del Covid-19. Stando a quanto riportato dalle fonti penitenziarie, il detenuto non era più in carico al carcere bolognese dove era stato recluso. Era stato ricoverato nell’unità di medicina d’urgenza del policlinico Sant’Orsola e poi, sottoposto al tampone, era risultato positivo. L’autorità giudiziaria competente gli aveva concesso gli arresti domiciliari all’ospedale visto il suo stato di salute. La vittima, di origini siciliane, aveva 76 anni.

Coronavirus, morto un detenuto a Bologna

La notizia della morte era stata anticipata dal sindacato Uilpa, per poi essere confermata anche dal Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria). “È deceduto all’ospedale civile di Bologna il primo detenuto per coronavirus. Si tratta di un ristretto del circuito ad alta sicurezza, ricoverato qualche giorno fa in stato di detenzione e poi ammesso agli arresti domiciliari a seguito del trasferimento in terapia intensiva. Era italiano, aveva 76 anni e pare fosse affetto da altre patologie“, queste le parole di Gennarino De Fazio, del sindacato della polizia penitenziaria.

Le polemiche delle carceri

É ipotizzabile pensare che la notizia del primo detenuto morto possa riaccendere le contestazioni negli istituti penitenziari e a tal proposito De Fazio ha detto: “Si è naturalmente costernati per la perdita di un’altra vita umana, ma non vogliamo e non potremmo strumentalizzare l’accaduto. Il ministro Bonafede e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria hanno tante colpe e responsabilità nell’assolutamente inadeguata gestione delle carceri, prima e durante l’emergenza sanitaria, che sarebbe inutile, inelegante e finirebbe col depotenziare le nostre continue denunce tentare di attribuirne loro delle ulteriori.

Purtroppo, questo nemico invisibile sta facendo stragi ovunque e il carcere altro non è che una parte della società. Continuiamo a pensare che la gestione dell’emergenza sanitaria dovrebbe essere affrontata in maniera molto più efficace e organica da molti punti di vista, sia per la parte che afferisce all’utenza detenuta, sia sotto il profilo dell’organizzazione del lavoro e delle misure a protezione degli operatori e, di rimando, per gli stessi reclusi”.