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Coronavirus, in una Rsa di Lecce scambi di persona e abbandono

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Malasanità, abbandono, scambi di persona, coronavirus: la testimonianza da una rsa di Lecce nelle parole della nipote di una vittima.

Una donna anziana, ricoverata in una Rsa, viene trovata positiva al coronavirus. La struttura decide, giustamente, di interrompere le visite. I familiari da quel momento ricevono solo informazioni telefoniche. Per settimane i medici assicurano che la donna sta bene, che i parametri vitali sono sotto controllo. Nell’arco di 48 ore dall’ultima telefonata vengono richiamati dalla struttura: “Ci siamo sbagliati, preparatevi al peggio”. Da una Rsa di Lecce un caso di malasanità, scambi di persona e abbandono in tempi del coronavirus, il virus che ha ormai colpito oltre un milione di persone nel mondo.

Coronavirus, una storia di abbandono in una Rsa di Lecce

Valentina Treglia, 29 anni, racconta in un’intervista a TPI la storia che ha portato alla morte di sua nonna, Paola Germana Casasola, 81 anni, ricoverata in una Rsa. L’anziana era ricoverata da circa due anni nella struttura di Soleto, Lecce, perché affetta da demenza senile e perché allettata; la nipote comunque racconta che la nonna era sveglia, allegra, rideva alle battute dei familiari, cantava.

Dal 6 marzo la struttura sospende le visite dei parenti per tutelare gli anziani dopo l’esplosione del coronavirus al Nord. Il 20 marzo la famiglia della donna apprende di un’anziana morta per coronavirus all’ospedale di Lecce e precedentemente ricoverata in quella struttura.

Da quel momento la famiglia prova a contattare il personale della struttura, senza successo. Fino al 23 marzo, quando ricevono una telefonata dall’asl di Lecce, che gli comunità l’esito positivo del tampone effettuato sulla signora. A quel punto Valentina Treglia riesce finalmente a parlare con qualcuno della struttura. Un’infermiera le assicura che la nonna ha solo una febbre lieve e che è stata trasferita in una stanza con un’altra paziente positiva, per evitare altri contagi.

La famiglia della signora Casasola ottengono di fare una videochiamata con lei. I parenti si accorgono subito che la nonna non sta bene; sentono l’infermiera piangere in sottofondo. Sarà l’ultima volta che la vedranno.

Coronavirus, malasanità e abbandono

La famiglia viene a scoprire successivamente che tutto il personale della rsa se ne era andato via, in piena emergenza coronavirus, abbandonando 83 anziani nella struttura. Solo un’infermiera è rimasta, a coprire tutti i turni e a occuparsi degli anziani, allo stremo delle forze.

Da questo momento la famiglia si mobilita per ottenere aiuto e segnalare la vicenda: contattano il numero verde per il coronavirus, la Protezione Civile, la Croce Rossa. il presidente della Regione Puglia Emiliano; mandano una mail PEC al Presidente del Consiglio Conte; riescono a ottenere una chiamata di terzo livello con il Ministero della Salute e a denunciare la situazione alla segreteria del Ministro Speranza. Risulta invece impossibile contattare direttamente la struttura sanitaria.

Il sindaco di Soleto, Graziano Vantaggiato, si mobilita e procede a commissariare la struttura, facendo subentrare il personale sanitario dell’asl di Lecce.

Lo scambio di persona all’interno della Rsa

Il 28 marzo la famiglia riceve finalmente una telefonata dall’asl responsabile della rsa: assicurano che i tre parametri vitali della donna sono sotto controllo e che gode di ottima salute. Ricevono una telefonata identica il giorno successivo. Per sicurezza però, la figlia della signora Casasola si reca all’esterno della struttura, dove un medico la rassicura ulteriormente sulle condizioni di salute della madre, e aggiunge che la donna è risultata negativa al tampone ed è stata trasferita per precauzione all’ospedale di Lecce. Il pericolo sembra essere scampato.

Lo stesso giorno ricevono una telefonata dello stesso medico responsabile che comunica alla famiglia che la nonna si trovava ancora presso la struttura e c’era stato uno scambio di persona. La famiglia, basita, racconta di aver avuto conferma del trasferimento anche da un altro medico della struttura. Il medico responsabile comunica che avrebbe fatto ulteriori modifiche e richiamato la famiglia al più presto.

Dopo mezz’ora il medico richiama, dicendo che la signora era stata ricoverata in un reparto del Dipartimento Emergenze e Accettazioni dell’ospedale di Lecce per problemi respiratori la sera prima, cioè il 28 sera, lo stesso giorno in cui il personale della rsa aveva comunicato alla famiglia i parametri vitali dell’anziana, definendoli sotto controllo.

A questo punto la nipote chiama il Dipartimento, dove le dicono che la nonna era arrivata in gravi condizioni: disidratata, malnutrita, con una grave insufficienza renale, complicazioni respiratorie. Le dicono di prepararsi al peggio. E aggiungono: “Ma questo lo sapete già”. Ma in realtà la famiglia non sapeva niente, non era pronta.

Il giorno dopo la signora Casasola muore per un’acuta insufficienza renale e viene trovata positiva la coronavirus. Di nuovo.

“Non l’ha uccisa il Covid, ma l’abbandono”

Ma l’incubo non è finito. La nipote decide di chiamare la struttura per parlare con il personale medico subentrato dopo il commissariamento, per capire se dentro la rsa stavano capendo che delle persone anziane stavano morendo per coronavirus senza che loro facessero niente. Riesce a parlare con un operatore e chiede informazioni di sua nonna, tumulata la mattina stessa. “Nonna ha mangiato e bevuto, hanno fatto colazione e pranzo. — risponde l’operatore — Al momento non si trova ma il medico dice che si era ripresa benissimo e stava perfettamente, ma è stata trasferita in un ospedale, non sappiamo se Galatina o Lecce, perché era solo lievemente cianotica”.

Non l’ha uccisa il Covid, ma l’abbandono — racconta la nipote — Ma questa cosa deve saperla il mondo intero. Nel 2020, in piena crisi sanitaria mondiale, morire di fame, sete e abbandono, non è normale. Non mi fermerò. Ci stiamo organizzando con avvocati specializzati in Sanità. Faremo tutto quel che c’è da fare”. Conclude così Valentina Treglia, sicura di voler portare avanti questa storia affinché non si ripresenti più una situazione del genere.