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Coronavirus, i limiti del sistema lombardo nel confronto con Emilia e Veneto

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Le diverse risposte all'emergenza coronavirus hanno messo in luce i limiti del sistema sanitario lombardo: il confronto con Emilia e Veneto.

Se il Veneto, di fronte all’emergenza coronavirus, ha optato per i tamponi estesi a tutti i casi sospetti e l’isolamento tempestivo delle zone rosse, il sistema sanitario lombardo posto a confronto mostra limiti evidenti. Infatti, i primi casi di Covid-19 sono stati registrati tra il 20 e il 23 febbraio. Dapprima erano coinvolti soltanto Codogno, in provincia di Lodi, Alzano Lombardo, in provincia di Bergamo, e Vo’ Euganeo, in provincia di Padova. Le due Regioni focolaio erano appunto il Veneto e la Lombardia. Tuttavia, dopo mesi dall’inizio dell’epidemia, in Lombardia si registrano 46mila casi positivi e quasi 8mila morti, mentre in Veneto i contagiati sono 10mila e 532 le vittime. Che cosa ha sbagliato la Regione di Attilio Fontana?

Coronavirus, limiti del sistema sanitario lombardo

Risposte diverse a un problema comune: Veneto, Emilia Romagna e Lombardia hanno fronteggiato l’emergenza utilizzando modelli di contenimento differenti. Quello che emerge dal confronto delle strategie di contenimento del coronavirus, però, sono i limiti del sistema sanitario lombardo. Infatti, la Lambardia conta molti più casi positivi rispetto alle altre Regioni e questo potrebbe derivare da una gestione dell’emergenza in modo poco efficace. Fontana, comunque, aveva denunciato che dal governo aveva ricevuto “solo briciole”, e anche che Bergamo doveva diventare zona rossa. La mancata risposta tempestiva delle istituzioni, sommata alla strategia regionale, potrebbe aver portato il sistema al collasso.

Aver conglobato tutti i malati all’interno degli ospedali e non aver disposto la chiusura immediata di Alzano e Nembro, potrebbe aver fatto la differenza. Occorre sottolineare, però, che rispetto a Vo’ Euganeo, che conta circa 4.000 abitanti, la gestione dell’emergenza su una popolazione più estesa è difficile. Tuttavia, anche Piacenza, più popolosa, è riuscita a contenere i casi. “In Lombardia c’è stato anche il fattore sfortuna – dicono gli esperti -, il contagio è entrato negli ospedali cogliendo tutti di sorpresa”. Il tasso di letalità attuale in Lombardia è uno dei più alti al mondo: il 7%.

L’Emilia Romagna

Anche l’Emilia Romagna, seppur in modo minore rispetto alla Lombardia, ha registrato gravi perdite soprattutto nella provincia di Piacenza. “Con grandi difficoltà – ha detto l’assessore alla Sanità dell’Emilia-Romagna, Raffaele Donini – però utilizzando una politica dei vasi comunicanti siamo riusciti a reggere per quanto riguarda i posti di terapia intensiva”. Non appena terminati i posti a Piacenza, i pazienti venivano trasferiti a Parma e poi a Bologna. Non appena venivano identificati nuovi focolai, inoltre, si provvedeva alla delimitazione e alla chiusura degli stessi. Sono in totale 1.811 i morti registrati in Regione, mentre i positivi sono 11.859, la grande maggioranza dei quali è a casa, il 65%. In Lombardia la percentuale è invece del 49%.

Piemonte

Anche a Torino e in Piemonte c’è stato un grave scoppio dell’epidemia, forse pagando il prezzo della vicinanza alal Lombardia. Cosa non ha funzionato? Forse il numero di tamponi effettuati: mentre in Veneto sono 120mila, in Piemonte sono appena 32mila.