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Diario di un medico in prima linea contro il Coronavirus: 1° puntata

Diario dal fronte del Coronavirus

Perché da Napoli ho deciso di partire fra i 300 medici volontari per aiutare i nostri colleghi delle regioni più colpite dal Coronavirus.

Il primo aprile del 1993 era il mio primo giorno di lavoro nella Sanità pubblica, dapprima come igienista, poi come internista e urgentista, infine in cardiologia. Ogni giorno ho imparato, ogni giorno sono cresciuto, ogni giorno ho fatto, ho cercato di fare del mio meglio: perché così si fa, perché ho scelto di essere medico, e per senso del dovere verso il Servizio Sanitario pubblico che, seppur difettoso, ci protegge, e che mi ha garantito tranquillità economica e soddisfazioni professionali e personali.

Il primo aprile del 2020, dopo 27 anni, sono partito da Napoli con la Protezione Civile per il Piemonte, una delle regioni del mio Paese più severamente colpite dalla pandemia Coronavirus. Andrò ad aiutare i colleghi stremati del posto. Lo considero un dovere, un onore e un privilegio.

Moltissimi di noi volontari proveniamo dalle regioni meridionali e, chiacchierando, ci siamo trovati tutti d’accordo nel dire che c’è una richiesta d’aiuto, quindi dobbiamo andare perché siamo medici, non lo facciamo soltanto. E poi vado a capire da vicino cosa sta succedendo per prepararmi al peggio, se la malattia si dovesse spostare anche al Sud.

Il Sud teme che l’epidemia si propaghi, considerando anche che le strutture sanitarie delle regioni meridionali sono di meno e generalmente meno attrezzate. I problemi del nostro Sistema Sanitario Nazionale sono legati principalmente alla sua frammentazione in 20 servizi regionali, parecchio disomogenei tra di loro, e al fatto che, troppo spesso, sono state privilegiate le strutture private convenzionate. Questo ha sottratto fondi agli ospedali, che poi però devono gestire le emergenze.

Ho deciso di aderire all’appello della Protezione Civile anche perché è stato lanciato il 21 marzo scorso, il giorno del mio compleanno. E dare la mia disponibilità mi è sembrato un gesto di coerenza rispetto ai 57 anni di vita e ai 27 di professione.

Sinceramente non pensavo di essere scelto fra i 7900 medici che si sono proposti da tutta Italia: avevano detto che avrebbero preferito specializzazioni più affini alla cura del Coronavirus e personale più giovane. Evidentemente la situazione è più grave perfino di quella che possiamo pensare: me ne renderò conto dopo due giorni, quando prenderò servizio effettivo. Prima ci hanno convocati tutti a Roma per un incontro con il Capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli.

Ogni giorno pubblico su Notizie.it il mio diario dal fronte del Coronavirus: leggilo qui