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Annalisa Malara, anestesista paziente 1: "Non chiamateci eroi"

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Coronavirus, Annalisa Malara è l'anestesista del paziente 1 di Codogno, Mattia. Grazie alla sua intuizione gli ha salvato la vita.

Si chiama Annalisa Malara e negli ultimi due mesi è diventata ‘celebre’ per essere stata l’anestesista del paziente 1 di Codogno, Mattia. Ovvero, colei che ha scoperto per prima il coronavirus in Italia. Ed è diventata popolare in tutta Italia, tant’è che sul web adesso si può trovare perfino una pagina Wikipedia dedicata a lei. Eppure, come racconta la stessa Annalisa Malara al Corriere della Sera, la sua vita professionale non è poi cambiata così tanto: “Ricevo tanti messaggi di ringraziamento. Mi fanno molto piacere. Ma il mio obiettivo è quello di curare persone malate”. Ed è per questo che Annalisa continua a lavorare ininterrottamente: “Faccio turni da 14 ore filate, poi arrivo a casa e dormo solo un’ora e mezza, due. L’adrenalina è tanta”.

Annalisa Malara: “Così ho scoperto il coronavirus”

Annalisa Malara ricorda quei momenti dello scorso 20 febbraio 2020 quando, forzando i protocolli, sottopose a tampone Mattia Maestri, il celebre ‘paziente 1’ italiano. “Era una banale polmonite, eppure tutte le terapie risultavano inutili. Mattia stava morendo. Non mi restava che pensare l’impossibile. Informai il primario, la direzione sanitaria e dissi: ok, mi prendo la responsabilità”. Poi il caos e la scoperta del coronavirus in Italia: “Ho capito di quanto successo solo 36 ore dopo: quando tornai a casa. L’unica cosa che volli fare fu chiamare i miei genitori a Cremona”. Di Mattia ricorda la moglie con il pancione e il volto distrutto: “Sono felice per loro. Se l’ho più sentito? No, mi piacerebbe. Ma non voglio essere invadente, ho paura di ricordargli momenti terribili”.

Oggi, purtroppo, i casi come Mattia sono diventati tantissimi e Annalisa Malara non riesce ad abituarsi: “Non pensavo che il virus potesse diffondersi così rapido. E non mi sono ancora abituata: l’approccio col malato Covid è diverso dagli altri. Emotivamente. Su quel letto puoi trovarci tuo cugino, tuo papà… E non hai il tempo d’avere paura per te stessa. Io ho fatto 4 giorni d’isolamento totale e il tampone. Poi sono tornata subito in reparto”.

“Non siamo eroi”

L’anestesista dell’ospedale di Codogno si arrabbia quando le si fa notare la retorica di quest’ultimo mese e mezzo nei confronti del personale sanitario: “Due cose non sopporto, di quest’emergenza. Che la paragonino a una guerra. E che ci considerino eroi. Abbiamo risposto in modo egregio a una chiamata, ma ci siamo abituati. Anche quando nessuno se ne accorge: io brucio le ferie, faccio 300 ore di straordinari non pagati, per 3mila euro salto le notti e tre weekend su quattro, prendo rischi altissimi. E solo perché vorrei fare l’anestesista tutta la vita, senza pensare troppo a chi ci fa le cause milionarie e non vede quanta passione mettiamo”.

Infine, una battuta sul Premier Conte e le polemiche che coinvolsero la struttura di Codogno sulla gestione di Mattia: “Mi stupì. Avevamo dato l’anima e ci rimasi male. Mattia era già rimasto dieci giorni a casa, infettato. E al ricovero del 18 non aveva detto nulla di quella cena con uno che era stato in Cina. Ci hanno pensato i Nas, a sequestrare le cartelle e a trovare tutto a posto”.