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Il Coronavirus colpisce tutti, ma i buoni spesa sono razzisti

Discriminazioni buoni spesa

Il Coronavirus può colpire e uccidere tutti. Ma per chi resta e lo combatte, il trattamento non è certo uguale. È il caso di alcuni comuni italiani che stanno considerando alcuni cittadini come di serie B.

Il Coronavirus non è democratico. Non si distingue dalle altre disgrazie che affliggono la società, le quarantene non sono uguali per tutti e chi non ha ammortizzatori sociali rischia di trovarsi su una strada, senza neanche più quel piccolo lavoretto in nero, inutile negarlo, o quel lavoro regolare perso a seguito di una crisi inevitabile che potrebbe essere sempre più travolgente.

Il virus certo non è classista, non fa distinzione di sesso, razza o religione, colpisce tutti e può uccidere tutti. Ma per chi resta, per chi combatte invece, il trattamento non è certo uguale. È il caso di alcuni comuni in Italia che in piena emergenza non si sono risparmiati e hanno pensato fosse il momento di discriminare i cittadini non italiani.

Ha cominciato Ventimiglia escludendo i cittadini “non iscritti alle liste elettorali” dal diritto di ottenere i buoni spesa, utili in questo momento per la sopravvivenza. Il Comune di Ventimiglia, alla fine, ha fatto marcia indietro grazie probabilmente alla lotta che incessantemente fa l’Asgi, l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, che ha presentato ricorso contro i comuni che predicano la differenza tra un cittadino e l’altro in un momento così drammatico per il paese.

Il comune di Ferrara e anche quello dell’Aquila hanno deciso di riservare i buoni spesa anche agli stranieri ma solo con permesso di soggiorno a tempo “illimitato”, un criterio che esclude una platea immensa di cittadini stranieri che vivono da una vita in questo paese, perfettamente integrati, ma considerati cittadini di serie B.

All’Aquila in particolare la situazione è drammatica e alla mancanza di aiuti provano a sopperire alcune realtà locali. Pierluigi Iannarelli, Segretario del circolo Sinistra Italiana dell’Aquila ci racconta tutte le preoccupazioni di queste ore: «Ci sono cittadini di origine straniera che vivono anche da sette/otto anni, che hanno studiato all’Aquila e che si trovano ora in difficoltà economiche, con famiglie da sostenere. C’è una donna incinta con una bambina piccola che ha perso il lavoro a causa del Coronavirus e che non ha nemmeno più la luce in casa. Cittadini come tutti che non hanno potuto ricevere i buoni spesa per colpa di un criterio profondamente discriminatorio».

Nel caso dell’Aquila i tempi sono ormai esauriti, si poteva richiedere i buoni fino al 16 aprile.