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Incidente Corso Francia: Genovese era al telefono quando ha investito le ragazze

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Pietro Genovese stava utilizzando il telefono per inviare dei messaggi quando ha investito Gaia e Camilla in Corso Francia.

Nella notte del 22 dicembre 2019 due ragazze di 16 anni persero la vita: Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli vennero investite in Corso Francia a Roma. I risultati delle indagini in corso sull’incidente hanno confermato che Pietro Genovese, alla guida dell’auto che ha travolto le ragazze, era al telefono. Si aggrava quindi la sua posizione: secondo gli inquirenti, infatti, avrebbe impiegato 19 secondi per inviare un messaggio e alcune foto su Whatsapp.

Pietro Genovese era al telefono

Era mezzanotte e 27 del 22 dicembre 2019 quando due ragazze di 16 anni sono state investite mentre attraversavano la strada in Corso Francia a Roma. Alla guida dell’auto che le ha travolte c’era Pietro Genovese, accusato di essere al telefono proprio in quel momento. Dalle indagini, infatti, è emerso come il giovane investitore abbia impiegato 19 secondi per mandare agli amici alcune foto su Whatsapp. Quella manciata di secondi che poteva rivelarsi necessaria per evitare la tragedia. Se il giovane non avesse mandato quei messaggi, forse, Gaia e Camilla non sarebbero morte.

L’ingegnere Mario Scipione, infatti, ha stimato che le ragazze – se Pietro fosse andato a 50 km/h – sarebbero riuscite a terminare l’attraversamento. Ma nonostante questo – secondo la perizia – non erano nemmeno sulle strisce. Sempre secondo le indagini, pare che il semaforo fosse verde e che Pietro non sarebbe in ogni caso riuscito a vedere Gaia e Camilla a causa di un’auto che ostruiva la visuale.

Le accuse

Il ragazzo deve ora rispondere di duplice omicidio aggravato dalla velocità eccessiva alla quale viaggiava e dalla guida con tasso alcolemico tre volte superiore a quello consentito. La Procura, infine, gli ha contestato anche la violazione dell’articolo 173 del codice della strada, cioè la trasgressione del divieto di usare il cellulare alla guida. Gli inquirenti hanno anche contestato all’investitore il fatto di essersi fermato a 180 metri dall’impatto.