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Coronavirus, in questo periodo non dimentichiamo i brutti sogni: il motivo

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L'emergenza coronavirus ha aumentato stress e tensione: in questo periodo difficilmente dimentichiamo i sogni più strani. Gli esperti spiegano perché.

Siamo da sempre abituati a svegliarci consapevoli che nella notte qualcosa ci ha turbato il sonno. Altre volte, al contrario, un sogno può farci alzare con l’umore sollevato. I sogni ci aiutano a risolvere i problemi, alleviare il turbinio di emozioni che ci portiamo dentro e alcune persone aumentano persino la propria creatività. Ma solo certi sogni restano impressi. In molti altri casi ci svegliamo e non ricordiamo niente. Dagli studi di psicologi ed esperti, è emerso che i nostri sogni più psichedelici restano ben memorizzati. Dormiamo in cicli di circa 90 minuti, che si dividono in diverse fasi di sonno, alcune più leggere e altre più pesanti (fase Rem). Anche se il corpo è completamente paralizzato, il cervello è iperattivo e sogna durante tutta la notte. È proprio nella fase Rem che i nostri sogni sono più vividi, narrativi e ricchi di ricordi. Mentre dormiamo, la parte Rem del nostro ciclo di sonno diventa più lunga e abbiamo più possibilità di ricordare quei sogni. Inoltre, è più probabile tenere a mente un sogno fatto nelle ore di riposo più vicine al risveglio. Ma in piena emergenza coronavirus, anche adesso che sembra manifestare un trend positivo, pare che siano i sogni più brutti e strani a restare più facilmente impressi nella nostra memoria. Qual è il motivo? Gli esperti hanno fatto chiarezza.

Coronavirus, perché ricordiamo i sogni strani

In un periodo di emergenza sanitaria come quello affrontato nelle ultime settimane, in cui tensione, stress, paure e incertezze aumentano esponenzialmente, sembra che siamo più facilmente in grado di ricordare i nostri sogni, soprattutto quelli meno piacevoli.

Non c’è da preoccuparsi: in un momento di forte angoscia è normale che accada. A confermarlo è Jason Ellis, docente di Teoria del sonno alla Northumbria University di Newcastle, nel Regno Unito. Nel suo articolo su The Conversation, Ellis spiega che nessuno sa con certezza perché sogniamo, ma le ipotesi a riguardo sono moltissime.

Per la teoria evoluzionista i sogni servono a imparare, in un modo protetto, come affrontare situazioni che ci minacciano. Quella del “consolidamento della memoria” ritiene che i sogni siano un sottoprodotto della riorganizzazione della memoria. Essi vengono quindi generati in risposta a quanto appreso nel corso della giornata che ci lasciamo alle spalle. Altri studiosi, invece, ritengono che i sogni siano un mezzo attraverso il quale regolare le nostre emozioni e il nostro umore.

Secondo le tre teorie, è ammissibile e ragionevole che si sogni di più nei momenti di forte stress e di grande ansia. Nei periodi più difficili, inoltre, ricordiamo più spesso i sogni che facciamo. Ma ciò dipende dal fatto che le nostre preoccupazioni non ci facciano dormire sonni tranquilli, svegliandoci più spesso durante la notte. E un cattivo sonno si traduce spesso in cattivi sogni. Ellis, infatti, ha spiegato: “Gli studi dimostrano che i sogni di chi soffre di insonnia (disturbo in gran parte legato allo stress) contengono più emozioni negative e sono più focalizzati sul sé, in una luce negativa. E tendono anche a concentrarsi sugli agenti stressanti e le ansie della vita corrente, tanto da indurre morale basso il giorno seguente.

I possibili rimedi

Il consiglio è quello di ridurre lo stress prima di andare a letto e di coricarsi e alzarsi più o meno sempre alla stessa ora. Gli esperti, inoltre, suggeriscono di non usare il letto durante il giorno, riposare in una stanza silenziosa, fresca e buia.

Ellis aggiunge tecniche come l’Imagery Rehearsal Therapy e il lucid dreaming training, per provare a controllare i sogni. Forse una situazione finalmente più serena a livello nazionale e internazionale potrà essere la fine delle angosce che rovinano il sonno (e le giornate) di molti.