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Coronavirus, dottoressa: "Costretta a lavorare nonostante i sintomi"

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La dottoressa Renata Gili ha deciso di scrivere una lettera in cui racconta la sua esperienza con il coronavirus sul posto di lavoro.

La dottoressa Renata Gili, in collegamento durante il programma Che tempo Che fa, si era pubblicamente interrogata sui motivi che si celano dietro ai mancati tamponi per medici e operatori sanitari. Dopo la sua comparsa in televisione, la dottoressa ha voluto scrivere una lettera al sito Medicalfacts.it in cui racconta di aver contratto il coronavirus mentre lavorava e di aver subito pressioni per tornare a lavoro nonostante i sintomi.

Coronavirus, la lettera della dottoressa

Da tempo parliamo di come siano proprio i medici e gli operatori sanitari i primi soggetti a rischio di contagio coronavirus. Alla già lunga lista di esperienze, spesso drammatiche, emerse in queste settimane, si è voluta aggiungere anche la dottoressa Renata Gili, che in una lettera ha confessato di aver rischiato di lavorare con i sintomi del virus.

La dottoressa era già stata ospite a Che tempo che fa, sollevando un polverone sulla necessità da parte dei medici di effettuare dei tamponi su chi lavora in prima linea a contatto con il virus, ma ci è voluta una testimonianza scritta al sito Medicalfacts.it del virologo Burioni per riportare in auge la questione.

In prima linea con i sintomi

Renata infatti un mese e mezzo fa è stata contagiata dal Covid-19, ma se non si fosse messa in isolamento volontario su sua decisione, rischiava di lavorare nonostante i sintomi evidenti del contagio: «Il 9 marzo sera ho avuto i primi sintomi, febbricola e mal di gola, seguiti da tosse e perdita del gusto e dell’olfatto.

“Dall’Asl dove faccio guardia medica mi hanno dato l’ok per tornare a lavorare appena passata la febbre – ha continuato la dottoresa – Visti i sintomi molto tipici ho, però, deciso autonomamente di fare mille cambi di turno e autoisolarmi per 14 giorni“.

Nessun tampone

“So di tantissimi colleghi, di diverse Asl, che sono andati a lavorare nonostante la comparsa di sintomatologia. Il paradosso, infatti, consiste in questo – conclude la dottoressa – per farti stare a casa o per decidere di farti il tampone, devi avere avuto un contatto con un caso di Covid-19 accertato, altrimenti sostengono che sia influenza“.

La dottoressa termina la sua lettera ponendo il vero quesito: “Ma come si può sapere se uno ha avuto un contatto con un caso di Covid-19 accertato, se sul territorio praticamente il tampone non lo si fa a nessuno? Chissà quanti medici e infermieri sono positivi e stanno infettando mezzo mondo.