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Fase 2, parla ricercatrice: "Da Confindustria insulto ai lavoratori"

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Secondo la ricercatrice in economia Marta Fana, la parole del presidente di Confindustria Carlo Bonomi sulla Fase 2 sono un insulto ai lavoratori.

Sono passate soltanto poche ore ma l’intervista rilasciata al Corriere della Sera dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha già suscitato numerose critiche, tra cui quella della ricercatrice in economia Marta Fana che ha definito un insulto ai lavoratori le parole dell’industriale. Nel suo intervento, Bonomi criticava le misure attuate dal governo Conte per contenere la crisi economica provocata dalla pandemia coronavirus, sottolineando come il rischio per l’Italia sia quello di piombare in autunno in uno scenario da emergenza sociale.

Fase 2, la replica alle parole di Confindustria

Nella sua lettera indirizzata al presidente Bonomi, la ricercatrice Marta Fana afferma: “Le sue parole riportate nell’intervista del 4 maggio al Corriere della Sera sono un insulto ai lavoratori che in questi due mesi hanno garantito a noi cittadini di sopravvivere, nonostante tutto. Non sono le prime e sappiamo che non saranno neppure le ultime”.

La Fana, autrice di diversi saggi sulla precarietà del lavoro, accusa inoltre la classe industriale di utilizzare i lavoratori soltanto come strumento per accumulare i guadagni, privandoli spesse volte dei diritti fondamentali: “Le sue parole sono un insulto ai tanti che sono rimasti a casa senza un lavoro perché assunti con contratti a termine e oggi non rinnovati, milioni di lavoratori che avete usato uno dopo l’altro, con rinnovi trimestrali finché vi son serviti, così come i collaboratori assunti con forme contrattuali per le quali non dovevate neppure versare i contributi sociali”.

Le accuse agli imprenditori

Una parte della lettera è inoltre dedicata ai cortocircuiti nell’atteggiamento degli imprenditori italiani, che in caso di necessità chiedono a gran voce l’intervento dello Stato al fine di risanare le loro perdite, per poi auspicare le privatizzazioni quando invece lo scenario economico si mostra favorevole: “Perché quando per voi le cose non si mettono bene, avete a disposizione la cassa integrazione che è pagata dai lavoratori e dallo Stato, su cui si scarica anche il vostro rischio di impresa. E allora a che servite? Non è una domanda banale: il vostro mercato non funziona, avete e avrete sempre bisogno dei nostri soldi e dello Stato, non vi assumete neppure il rischio della vostra attività, continuate a pretendere la socializzazione delle perdite e la privatizzazione dei profitti.

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La ricercatrice tuttavia non vede come l’attuale scenario possa cambiare, arrivando a pronosticare un nuovo attacco degli imprenditori alla classe lavoratrice: “La via è tracciata, tornerete a ricattarci a chiederci di scegliere tra occupazione e salari e diritti, quella formula che ha funzionato non per generare crescita, ma per destrutturare ulteriormente la nostra struttura produttiva e aumentare la quota di lavoratori poveri e ricattabili”.

La richiesta delle ricercatrice

Nel finale, la ricercatrice avanza un’unica richiesta al presidente di Confindustria: “Se i sacrifici sono per tutti, date il buon esempio: restituite tutti i profitti sottratti allo Stato e portati nei paradisi fiscali, chiedete che venga ristabilita l’aliquota del 27% sull’Ires e che sia progressiva così un piccolo imprenditore non è chiamato a contribuire quanto uno grande. […] Sappiamo che non lo farete, perché la realtà è un’altra da quella che raccontate. Lei rappresenta un pezzo di tessuto imprenditoriale, gioca la sua partita, quella del profitto, quella di chi per rimanere a galla ha bisogno di sfruttare i lavoratori. Non si scomodi a parlare per tutti perché lei rappresenta una parte della società, di sicuro non i lavoratori e le loro famiglie”.