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Infermiera violentata in un parcheggio del centro di Napoli

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Un'infermiera, impegnata nell'emergenza coronavirus, è stata violentata in un un parcheggio del centro di Napoli: il racconto.

Francesca, nome di fantasia, è un’infermiera di 48 anni, in prima fila nella lotta al coronavirus, ed è stata violentata a Napoli in un parcheggio. La donna, in questo periodo molto impegnata sul lavoro per via dell’emergenza coronavirus, è stata vittima di violenza sessuale in pieno giorno e nel centro della città, dove tra l’altro ci sono molte telecamere. Nello specifico ci riferiamo a Corso Arnaldo Lucci, nel parcheggio della Metropark. Il racconto, fornito dalla donna in una sua intervista a Repubblica, delinea un quadro ancora più aspro di quanto accaduto: “Continuava a ripetere: fammi fare quello che voglio o ti uccido. Stai ferma e non urlare. Non era un uomo, era una bestia quello che per quarantacinque minuti mi è stato addosso. Era il doppio di me e tutto il suo peso era sulla mia schiena. Si arrabbiava, perché avevo i jeans troppo stretti e non riusciva a levarmeli. Quarantacinque minuti in cui ho capito che la mia paura più forte era quella di morire”.

L’uomo è stato fermato dalle forze dell’ordine, si tratta di un cittadino senegalese irregolare in Italia.

Il commento di Salvini

Il terribile episodio è stato commentato dal leader della Lega Matteo Salvini, che tramite social ha accusato il governo Conte di progettare “una maxi sanatoria per 600.000 immigrati irregolari” mentre “in Italia succede questo. Vergogna. Prima gli italiani“.

Napoli, violentata infermiera in un parcheggio

“Sono infermiera in una struttura pubblica – ha detto Francesca – Lavoro in un reparto di Psichiatria dove ci stiamo occupando dei reduci del Covid. Escono traumatizzati dalla malattia e noi li seguiamo con affetto e attenzione. Domenica, dopo il lavoro, stavo tornando a casa, ad Avellino, e dopo aver preso la metropolitana ero arrivata alla Metropark in anticipo. L’autobus per Avellino, a causa della riduzione delle corse per l’emergenza Covid, sarebbe partito un’ora dopo. Alle due e mezza del pomeriggio non c’era anima viva, così mi sono seduta su una panchina ad aspettare”.

Poi il traumatico incontro con il suo stupratore: “All’improvviso quest’uomo grande e grosso ha scavalcato una recinzione ed è venuto verso di me. Ho subito avuto paura, aveva l’aria minacciosa. Mi ha afferrato un braccio. Io ho subito pensato a una rapina: così, per salvarmi, gli ho dato la borsa. Prendi tutto, ci sono i soldi, ho detto. La risposta mi ha raggelato. Ha detto: Non voglio i tuoi soldi, quelli ce li ho. Poi mi ha strattonato e scaraventato per terra. Ho visto il mio cellulare volare via, mi ha strappato il giubbino di dosso. Ho capito che per me era finita“.

L’infermiera è riuscita a prendere tempo

Francesca è riuscita a trovare un modo per provare a difendersi dall’uomo: “Ho pensato di essere più forte io. Ho mentito per salvarmi. Gli ho detto di non farmi male perché ero incinta, gli ho detto che non riuscivo a respirare e che avevo bisogno di acqua, e poi gli ho detto che se arrivava qualcuno sarebbe stato arrestato. Ma lui continuava a cercare di strapparmi i jeans. La mia schiena era a pezzi, il collo pieno di lividi. Diceva: Se urli ti uccido e poi mi levava la mano dalla bocca nel tentativo di girarmi e mettermi con la schiena a terra. Mi sono aggrappata a un cassonetto dei rifiuti per impedirglielo. Fino a quando non è arrivato l’autobus. L’autista ha visto cosa stava succedendo, è sceso e ha cominciato a urlare. Intanto però è arrivato l’Esercito. Tre militari lo hanno circondato e a quel punto io sono riuscita ad alzarmi e mi sono rifugiata sull’autobus. Poi è arrivata anche la polizia, quattro volanti per bloccare quell’essere immondo. Non mi hanno lasciato più. Mi hanno portato in ospedale, per reazione mi è salita la febbre, tale è stato lo choc. La polizia ha avvertito mio marito. Hanno visto i filmati, alcuni poliziotti non ce l’hanno fatta a guardare fino alla fine per la rabbia e il disgusto. Ma voglio dire grazie alla dirigente delle volanti (il vice questore Francesca Fava, ndr), che ha capito cosa ho vissuto”.