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Il marito dell'infermiera violentata a Napoli: "Un incubo"

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Lino, di professione medico, ha ripercorso il pomeriggio durante il quale la moglie infermiera è stata violenatata a Napoli.

“Ero terrorizzato mentre la ascoltavo, è cominciato il mio incubo”: così il marito dell’infermiera violentata a Napoli in pieno giorno. Il terribile episodio è avvenuto domenica 3 maggio intorno alle 15. La donna attualmente impegnata in progetti per l’assistenza ai malati di coronavirus è stata presa di mira da un immigrato irregolare del Senegal. L’aggressore è stato poi arrestato dalle autorità ma la violenza sarebbe durata almeno 45 minuti e si sarebbe consumata su una panchina nei pressi del Metropark in corso Arnaldo Lucci. Il marito dell’infermiera Francesca (nome di fantasia) si chiama Lino, è un medico fisiatra, vivono con la figlia ad Avellino, e ora non riesce a darsi pace.

Infermiera violentata a Napoli: il racconto

“Quel pomeriggio ero a casa, stavo aspettando il rientro di mia moglie. – ha raccontato l’uomo in un’intervista rilasciata a Repubblica – Con l’emergenza Covid non potevo usare l’auto e così ci siamo arrangiati con i mezzi pubblici che hanno le corse ridotte. Non ero preoccupato, conosco bene la zona. Di solito c’è sempre gente per il gran movimento di autobus. A un certo punto ha squillato il telefono”. Dall’altro capo del telefono c’era Francesca che singhiozzava: “Sono stata aggredita, sto andando all’ospedale Cardarelli”.

“Ho visto il volto spento”

Lino ha quindi raccontato di essere entrato al triage dell’ospedale Cardarelli. “Ho visto mia moglie seduta su una sedia. – ha detto il medico – Non mi rendevo conto di niente. Ma senza sapere ho cominciato a piangere perché ho visto il volto spento di mia moglie. Spento, buio. Non c’era più la sua luce di sempre, il suo bel sorriso. Era assente”. Una volta a casa la donna ha descritto l’incubo al marito: 45 minuti di aggressione con la donna che cercava di resistere al violentatore aggrappata ad un cassonetto dei rifiuti.

Quarantacinque minuti

Cosa stavo facendo io in quei quarantacinque minuti? – si è chiesto Lino – Stavo seduto sul divano in quei quarantacinque minuti? La donna della mia vita stava lottando con le unghie e con i denti per salvarsi in quei quarantacinque minuti ed io, io perché non ero lì? Perché qualcuno dal cielo non mi ha detto di andare a prenderla senza pensare ai divieti, di andare e basta? E mi chiedo anche: perché nessuno stava guardando quelle telecamere in quei quarantacinque minuti? Perché nessuno ha protetto mia moglie al posto mio?”.

“Mi carico di tutto il suo dolore”

Il medico ha pianto distrutto dal dolore, ha affermato di non essere in grado né di perdonare né se incontrasse l’aggressore di essere in grado di fargli del male essendo contro la violenza. Sta cercando di riportare il sorriso sul volto della moglie, ma la sofferenza della coppia si acuisce sempre di più. “Mi carico di tutto il suo dolore. – ha concluso il marito dell’infermiera violentata a Napoli – Siamo una cosa sola e dobbiamo attraversare un lungo tunnel nella speranza di arrivare alla luce della normalità che ora ci sembra perduta. Sono fermo a quei quarantacinque minuti”.