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Fase 2, la dura vita degli equilibristi: da Sala a Bonafede

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Da Sala a Bonafede, passando per Conte e il Commissario Arcuri, la Fase 2 è difficile per tutti ma soprattutto per gli equilibristi che devono tenere il piede in due scarpe.

Non è facile per nessuno. Ma per loro è più difficile, perché devono tenere i piedi in due staffe. L’ultimo in ordine di tempo è stato il sindaco di Milano, Sala. Che dopo l’invasione dei Navigli ha fatto un tweet categorico: ultimatum, minacciando di chiuderli. Si è fatto, come un De Luca meneghino, ma con meno simpatia, una foto sui Navigli deserti, con un vigile urbano al fianco.

Ed ha aggiunto: «Milano ha bisogno di tornare a la-vo-ra-re. Non è un vezzo tornare a riaprire, è una necessità. Io sto dalla parte di chi va a lavorare e non a divertirsi». Gli sfugge che per lavorare, esercenti, baristi eccetera hanno bisogno di qualcuno che prenda un birra, un mojito, o almeno un caffè. Altrimenti lavorano a lucidare il bancone.

Il ministro Boccia ha una sfida più complessa che quella di qualche centinaio di scappati di casa sui Navigli. Sulle riaperture pensava di sistemare i conti con la Calabria insubordinata, adesso deve vedersela con una provincia autonoma intera, quella di Bolzano: gli scappano territori da tutte le parti.

Un salto carpiato tocca pure a Domenico Arcuri, il commissario straordinario, che aveva annunciato le mascherine a 50 centesimi in una conferenza stampa memorabile, lanciandosi contro chi specula sui bisogni della gente, e contro i «liberisti che emettono sentenze da un divano con un cocktail in mano». I liberisti erano quelli che sostenevano che i 50 cents non erano sostenibili. Scomparse le mascherine, il prezzo verrà fissato a 1 euro 50: un triple sec per Arcuri.

Contemporaneamente vengono annunciati da Palazzo Chigi 5 milioni di tamponi messi a disposizione delle Regioni entro i prossimi due mesi: la strategia dell’Annuncio, come quello della famosa app. Immuni, più discussa che vista: la sperimentazione inizierà a fine maggio.

Trovare un equilibrio tra annunci e realtà non è l’unica sfida per il Premier: anche quella, più difficile, di trovare una rosa dei venti di equilibrio sul Mes: tra il PD e i 5 Stelle, dentro i 5 Stelle tra accomodanti alla Di Maio e intransigenti alla Di Battista, e in ogni parlamentare tra fedeltà ai proclami e il timore di una nuova tornata elettorale.

Sullo sfondo 37 miliardi a tasso nullo, da investire in una sanità allargata. Cioè dagli ospedali Covid ai dispositivi di protezione, dall’adeguamento di scuole, locali pubblici e mezzi di trasporto e in molto altro, che permetterebbe di liberare risorse da investire in altri settori: discussione surreale.

L’altra grana inquietante riguarda la giustizia. Non solo lo scontro tra Nino Di Matteo e Alfonso Buonafede, che è stato un sorprendente incrocio di fuoco amico tra giustizialisti. L’equilibrista adesso è Buonafede, che dovrebbe spiegare perché rinunciò a Di Matteo. Era un suo diritto, come ministro. Ma accusato di averlo esercitato alla luce di pressioni mafiose, più che smentire, dovrebbe dire quali altre considerazioni ispirarono le sue scelte: da trapezista, ma con la rete che le sue dimissioni vorrebbero dire crisi di governo al buio.

Dura anche per l’informazione, non gettare in pasto all’opinione pubblica l’osso dell’esodo verso casa di centinaia di boss mafiosi. I boss sono solo tre, e malridotti, a conferma che il carcere non è in grado di prestare cure sanitarie. Buona parte dei 376 sono poi in attesa di giudizio, a conferma della lentezza della Giustizia. I provvedimenti sono stati decisi da giudici di sorveglianza, in ossequio alle leggi, a conferma di lotte feroci tra magistratura inquirente, giudicante e sorvegliante. Basterebbe che le Procure, che contano ex colleghi e tifosi nelle Camere, facciano cambiare le leggi.

Un’informazione che omaggia l’antimafia storica delle ghigliottine, ma trascura un po’ la mafia presente dell’usura, dell’acquisto di aziende in crisi, di infiltrazione nel commercio e nella produzione di materiali sanitari: ma davvero pensate che la mafia, ricche dell’unica cosa che manca oggi, la liquidità, e per di più in nero, e sempre alla ricerca di opportuni investimenti e riciclaggio, si attardi pensosa sul passato. Sanno, purtroppo, guardare al futuro, loro l’equilibrio l’hanno già trovato.