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Daniele Mastrogiacomo sulla conversione: "Ascoltavo il Corano per ore"

Daniele Mastrogiacomo su Silvia Romano: "Volevano la mia conversione"

Sequestrato dai terroristi jihadisti, Daniele Mastrogiacomo parla del loro tentativo di conversione, collegandosi a Silvia Romano.

Daniele Mastrogiacomo parla della conversione all’Islam, di come i suoi rapitori hanno cercato di manipolarlo affinché abbracciasse un credo differente, non in maniera volontaria, riallacciandosi al caso di Silvia Romano. Il giornalista, inviato di Repubblica, nel 2007 è stato sequestrato in Afghanistan da un gruppo di talebani per due settimane.

Daniele Mastrogiacomo sulla conversione religiosa

“Posso capire Silvia Romano, ho vissuto anch’io quell’esperienza”, spiega il giornalista. “Restare prigioniera di un gruppo di jihadisti, isolata dal mondo per 18 mesi, avvolta dal vuoto, dall’idea che possono ucciderti da un momento all’altro, è più di un incubo. È l’attesa costante di una sentenza che non arriva mai”.

Daniele Mastrogiacomo, rapito nel 2007

Per lui, quelle due settimane fra le mani dei terroristi sono durate un’eternità, hanno cambiato la sua vita. Daniele non ha ceduto alla conversione: “La religione domina l’ambiente che ti circonda, scandisce le tue giornate, segna i 5 momenti della preghiera, quando e come mangi, parli, dormi, quando ti sposti con i miliziani da una prigione all’altra”, racconta.

Mastrogiacomo: “Ho fatto la mia scelta, Silvia la sua”

Fortissime pressioni psicologiche quelle subite dal reporter affinché si convertisse all’Islam, come l’obbligo di ascoltare registrazioni del corano tradotto in inglese, per ore. “Quel registratore mi aiutò a superare i momenti di panico e durante l’angoscia che mi aggrediva pensando che ero a un passo dall’esecuzione di una sentenza, visto che eravamo appena stati condannati a morte”, ricorda Mastrogiacomo, “Tutto questo non è bastato a convertirmi. Se lo avessi fatto mi sarebbe sembrato una pura ipocrisia per salvarmi la pelle”.

Il giornalista però specifica che per Silvia Romano la questione dev’essere stata diversa, vista la quantità di tempo passata da prigioniera: “In 18 mesi avrà avuto modo di riflettere. Di immergersi nell’Islam e di abbracciarlo”. “Se oggi indossa la jilbaab, insiste nel portarla”, conclude, “è perché convinta della sua conversione. Ha compiuto la sua scelta. Io ho fatto la mia. E questo ci rende entrambi liberi”.