Buone notizie nell’ambito della cura al coronavirus, con l’ospedale di Circolo di Varese che è stato inserito all’interno dello studio nazionale per la sperimentazione della terapia al plasma iperimmune. Il gruppo di coordinamento impegnato a valutare l’efficacia di questa nuova terapia ha infatti chiamato a se il Direttore delle Malattie Infettive dell’ospedale varesino Paolo Grossi, che avrà il compito di avviare un’indagine randomizzata su un cluster di pazienti che si trovano ancora allo stadio iniziale del Covid-19.
Terapia al plasma, avviata sperimentazione a Varese
Interpellato sull’argomento, il professor Grossi ha spiegato il motivo per cui è necessario disporre di pazienti in condizioni non gravi al fine di valutare la risposta dell’organismo umano: “Pensiamo a pazienti che arrivano con un quadro importante ma dove non si è verificata la grave risposta infiammatoria. L’intervento precoce poggia proprio su una diagnosi tempestiva e un intervento precoce. Gli anticorpi neutralizzanti andrebbero ad ostacolare la replicazione virale nella fase in cui essa è massima, nel tentativo di contenere lo sviluppo dell’infezione e le sue conseguenze sull’organismo, prima fra tutte la potente reazione infiammatoria che è la causa della maggior parte dei ricoveri in terapia intensiva di questi pazienti”.
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Come spiega sempre il professor Grossi, la sperimentazione sula terapia al plasma risulta necessaria per una sua piena applicazione futura in tutto il Paese: “Questo Steering Comittee è stato costituito per affinare un protocollo di studio redatto all’Ospedale di Pisa al fine di renderlo applicabile in maniera uniforme e coerente su tutto il territorio nazionale. Il Comitato Etico dello Spallanzani di Roma e l’AIFA hanno valutato e autorizzato la proposta che ora può diventare operativa in tutti gli Ospedali italiani coinvolti”.
A livello pratico sarà necessario individuare dapprima i pazienti guariti al Covid-19 che sono anche idonei a donare e successivamente coloro che hanno sviluppato una risposta anticorpale sufficiente per poter rendere utile il plasma donato, il quale verrà comunque trattato e conservato in maniera apposita prima di essere adoperato sui pazienti ancora contagiati. Il professor Grossi si mostra tuttavia positivo nell’affrontare questa nuova sperimentazione: “A tale proposito, in base ai primissimi riscontri, mi sento di essere ottimista, ma solo i dati rilevati con questo studio potranno confermare l’efficacia di questa terapia”.