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Il Coronavirus in Sicilia non è vinto: "Pericoloso aprire frontiere"

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L'infettivologo Massimo Farinella lancia l'allarme per la Regione Sicilia: "Aprire i confini è un pericolo".

Il Coronavirus in Sicilia non è vinto. Nonostante i bassi numeri di contagio, gli esperti mantengono alta la soglia dell’attenzione. Anzi, si teme la vita notturna dei giovani – la cosiddetta movida – e la riapertura dei confini della Regione Sicilia con il mondo esterno. “Libera circolazione e movida selvaggia possono far ripartire il virus”, è l’allarme lanciato da Massimo Farinella, primario di Malattie infettive del Cervello, che invita a non abbassare la guardia. Per l’infettivologo ci sono variabili: “Non prevedibili, come gli effetti della movida e l’ingresso in Sicilia di soggetti asintomatici o con pochi sintomi, perciò si potrebbe vedere una nuova circolazione del virus a partire da 15-20 giorni dopo il 3 giugno”.

La paura degli esperti in Sicilia è che: “Con ogni probabilità si mescoleranno persone provenienti da aree a più alta espressione endemica, come Lombardia, Veneto ed Emilia, con persone di aree a più bassa espressione come la Sicilia. Solo se a fine giugno questo tasso favorevole verrà confermato, potremo tirare un sospiro di sollievo”.

Coronavirus in Sicilia: i rischi della movida

Ma non si risparmia neanche la movida. In merito interviene Carmelo Iacobello – primario di Malattie Infettive al Cannizzaro di Catania – che evidenzia: “Come tutte le attività che prevedono socializzazione, è un rischio. Ma non si può negare per sempre. Sarebbe stato opportuno consentire il servizio di pub e ristoranti solo all’aperto. Meno pericolose sono le spiagge, soprattutto se grandi: il virus si diluisce nell’acqua salata e non sopravvive nella sabbia calda”.

“Dobbiamo sperare – spiega l’infettivologo – in un vantaggio insito nel virus, che replicandosi commette errori che possono renderlo meno aggressivo. Il resto è legato ai corretti comportamenti”. E in Sicilia c’è il concreto rischio sulla seconda ondata da Coronavirus: “Perché un’epidemia riaffiori, è necessario che ci sia una certa circolazione del virus e tutto ciò non può avvenire in soli 14 giorni dopo le riaperture. La circolazione nella popolazione va valutata almeno a un mese, perché il nuovo infetto nella maggior parte dei casi è asintomatico”.