Era la notte del 14 e il 15 luglio 2019 quando Martina Aprile, 25 anni, veniva travolta e uccisa mentre attraversava la strada per andare a buttare la spazzatura a Cava D’Aliga, nei pressi di Scicli, in provincia di Ragusa, da una Lancia Y guidata da Carmelo Ferraro, 34 anni. L’uomo era stato arrestato con l’accusa di omicidio stradale e, secondo le prime informazioni, era sotto l’effetto di stupefacenti e metadone. Martina era mamma di un bambino piccolo di 6 anni con problemi psicomotori. Oggi quella ferita, mai completamente chiusa, si riapre in quanto l’accusato ha deciso di patteggiare per ottenere uno sconto della propria pena.
Ragusa Martina Aprile patteggia
La mamma di Martina Aprile ha dichiarato tutto il suo dissenso a quanto stia avvenendo nel processo per la morte di sua figlia: “Mi è venuta rabbia – ha detto ai microfoni di Tgcom24 – Lui vuole un patteggiamento, ma la vita di mia figlia non è un patteggiamento. Siamo morti per la seconda volta, mia figlia è morta per la seconda volta. Un patteggiamento non si può trovare. No, no e assolutamente no. Una vita non vale 4 anni e mezzo”.
Grazie al patteggiamento infatti Carmelo Ferraro potrebbe essere condannato a 4 anni e 6 mesi, 8 per un ricalcolo, per omicidio stradale aggravato. Ora la famiglia Aprile chiede allo stato di rivedere la legge sull’omicidio stradale per inasprire le pene, evitare sconti e impedire un’ulteriore beffa. L’avvocato della famiglia di Martina ha detto che così com’è la legge “preclude la possibilità di ottenere un risarcimento del danno per la morte della ragazza, in quanto non vi è la possibilità di una costituzione di parte civile”.