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Solleva bimbo di 1 anno per i capelli: baby-sitter condannata

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Gli vuole cambiare il pannolino e solleva il bimbo di 1 anno dai capelli: la sentenza del giudice.

Una baby-sitter di Roma è stata condannata per aver sollevato dai capelli un bambino di un anno nel tentativo di cambiargli il pannolino. La tata è stata denunciata dalla famiglia per percosse aggravate ed è finita sotto processo: per il giudice è colpevole e dovrà pagare mille euro di multa.

Protagonista della vicenda è Barbara, 40enne baby-sitter romana con regolare contratto di lavoro. I fatti, invece, risalgono a maggio 2016: al momento del cambio del pannolino – secondo la denuncia della famiglia del piccolo – si è avvicinata al lettino del bimbo, lo ha svestito e poi lo ha sollevato di peso per i capelli lasciandolo dondolare.

Baby-sitter condannata dal Giudice

La famiglia del bambino è stata allertata dal pianto disperato di quest’ultimo: a scoprire la percosse ai danni del bimbo di un anno è stata la nonna che si è affacciata vedendo quanto fatto da Barbara al suo adorato nipotino. La baby-sitter si è subito resa conto dell’errore fatto tanto da autodenunciarsi alla mamma del bimbo: “Gli ho fatto male. L’ho afferrato per i capelli e strattonato. So che è gravissimo e non credo che potrò restare ancora a lavorare”.

Il caso era stato subito denunciato e venerdì 5 giugno 2020 è arrivata la condanna firmata dal giudice di pace penale Gregoria Pellegrino. Per la famiglia, che si è costituita parte civile assistita dall’avvocato Alessandro Gentiloni Silveri, è stato un sollievo.

I messaggi e le prove

Dopo la confessione dell’orribile trattamento riservato al bimbo di un anno, inoltre, la baby sitter aveva scritto due messaggi alla famiglia su WhatsApp: “Vi chiedo umilmente scusa. Scrivo perché non riesco a parlare. Meglio che non venga più. Scusate ancora per quello che ho fatto. Chiedo scusa anche al piccolo”.

I genitori della vittima, per provare l’aggressione, avevano dovuto scattare anche delle foto a graffi provocati sulla fronte del piccolo. Fotografie finite agli atti, così come i messaggi. E resta il dubbio per la famiglia romana: e se non fosse stato l’unico caso di violenza?