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Le riscritture della storia sono sempre su un lato solo della strada

le riscritture della storia da george floyd al coronavirus

Vi immaginate se la scuola italiana bruciasse la Divina Commedia perché nel Canto XXVIII mette Maometto all’Inferno?

Qualche dietrologo sostiene che il coronavirus non esiste, o almeno è la scusa per imporre un nuovo ordine mondiale. Fosse così, consoliamoci, perchè la Spectre composta da Soros e Bildelberg, o da Trump e Bolsonaro, o dalla Cina e Bruxelles, o da chi più ne ha più ne metta, sta fallendo. Il disordine è grande, e le incertezze si moltiplicano. E non ci sono neppure bandiere sotto le quali stringersi, come marines a Iwo Jima, siamo a corto di simboli. Prendi “Andrà tutto bene”: è ormai il datato ricordo di un tempo innocente e ottimista, un coro poetico che ha lasciato spazio alla prosa meno eroica delle fasi 2 e 3. Prendi il No al razzismo, bandiera nobile ma troppo simbolica, quasi una moda, in quell’inginocchiarsi in Parlamento, della ex presidente della Camera Laura Boldrini e di altri con lei.

boldrini inginocchiata in parlamento

“Quel” razzismo è una storia tutta americana, come la apple pie. Ed è giusto che si sia solidali con chi vi si oppone, ma senza confondere le acque, sapendo che è una storia loro, su cui adesso si illuminano le telecamere dei telefonini, ma è antica e recente (ricordate i 58 morti del 1992 a Los Angeles dopo il pestaggio di Rodney King?), e comunque è loro e almeno in questo non c’è nulla di cui scusarsi, per noi europei. Naturalmente siamo dei gran percettori di mode, noi italiani: persino il termine “antifa”, noi che siamo nati dalla Resistenza lo abbiamo preso in prestito dalle piazze americane.

proteste usa per george floyd

C’è razzismo in Italia? A giudicare da come la comunità cinese ha ripreso tranquillamente il suo posto, dopo la pandemia, si direbbe di no. A guadare lo sfruttamento nelle campagne, certo, c’è da preoccuparsi, ma è piaga sociale, che non ha a che vedere con il colore della pelle: possono essere raccoglitori di fragole moldavi o rumeni, van bene lo stesso, purchè precari e sottopagati. Più scomodo invece far notare che in meno di un anno, degli 11.800 migranti raccolti e sbarcati sulle nostre coste, l’Europa ne ha accolti e ricollocati solo 464: abbastanza da sospettare un respingimento che meriterebbe qualche inginocchiata davanti ai consolati di molti paesi amici.

braccianti nei campi

Viviamo di simboli e mode, ed era ovvio che qualcuno, non avendo statue di Cristoforo Colombo da decapitare come a Boston, a corto di piedestalli, avrebbe segnalato come politicamente scorretto il monumento a Indro Montanelli, ai giardini di Porta Venezia, e qualcuno starà cercando tra vecchi dvd quali film italiani siano da mettere all’indice, come Via col vento.

Intanto è curioso notare come le riscritture della storia siano sempre su un lato solo della strada (e corso Unione Sovietica a Torino?) e poi vi immaginate che la scuola italiana, già deficitaria di suo, bruci la Divina Commedia perché nel Canto XXVIII mette Maometto all’Inferno, tra i seminatori di discordia? Si resta con i simboli, come quegli striscioni gialli che hanno raccontato il dolore di noi italiani per la morte di Giulio Regeni, ma sono stati anche un simbolo identitario, politico. L’Italia vende due fregate agli egiziani – qualcosa attorno ai dieci miliardi di euro – e la famiglia di Giulio – che come famiglia ha il sacrosanto diritto di dire qualunque cosa – dice che si tratta di un tradimento del governo, che si tratta di armi e navi che serviranno a perpetuare la violazione dei diritti umani. Di Maio imbarazzato, il PD, anche.

verità per giulio regeni

Nessuno tra loro che noti come etica e relazioni internazionali siano spesso separati in casa: facciamo le vie della seta con il regime autoritario cinese che soffoca Hong Kong, compriamo aerei dagli Stati Uniti dove i poliziotti fanno la caccia a i neri, intratteniamo come tutti rapporti commerciali con paesi cui è meglio non misurare la temperatura, quanto a diritti civili. Lia Quartapelle, PD, si spinge più in là: dice che l’Egitto è il capofila di un “asse reazionario” che in Libia sostiene il generale Haftar. Le anime belle sono sempre un po’ strabiche. Diciamo che le parti contrapposte in Libia difettano di galantuomini, se con Serraj stanno la Turchia e i Fratelli musulmani: fronte progressista?

E torniamo all’America. L’ultimo numero della rivista di Al Qaeda definisce Covid 19 un “microscopico soldato di Allah” e le rivolte antirazziali una opportunità di finire il lavoro iniziato l’11 settembre 2001. Certo, Trump è in difficoltà. E Biden, se riuscisse a reclutare Michelle Obama come vice, un candidato alla vittoria. Non sappiamo in quale ordine mondiale andrebbe iscritto questo scenario. Ma è bene ricordare, senza illusioni, che le guerre le hanno sempre iniziate i democratici americani. E che il problema razziale è diventato un problema criminale incrociandosi, nella guerra per imporre Law and Order, con le carcerazioni di massa, inaugurate da Bill Clinton.