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Coronavirus, come è nato il focolaio di Vicenza?

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Sarebbe stato un viaggio di lavoro in Serbia la causa del focolaio di coronavirus innescatosi in una ditta a Pojana Maggiore, in provincia di Vicenza.

Un viaggio di lavoro in Serbia ma soprattutto l’irresponsabilità del primo contagiato: così le ultime ricostruzioni sarebbe esploso il focolaio di coronavirus che ha coinvolto l’azienda della provincia di Vicenza (Pojana Maggiore) e che negli ultimi giorni ha fatto risalire pericolosamente l’indice di contagio in tutto il Veneto, con grande disappunto del presidente Luca Zaia. Al momento sono soltanto cinque le persone risultate positive, ma decine quelle poste in isolamento domiciliare dopo essere state a contatto con questi ultimi.

Coronavirus a Vicenza: gli spostamenti del dirigente

E la lista degli spostamenti del dirigente che ha portato alla nascita del focolaio di Vicenza è molto lunga. Secondo quanto ricostruito dai sanitari veneti, infatti, è emerso come l’uomo si sia spostato nelle seguenti aree: Lozzo Atestino, Agugliaro, Veggiano.

Analoghi tracciamenti sono stati fatti naturalmente per gli operai, a Pojana e Orgiano, in provincia di Vicenza, e a Bonavigo, nel Veronese, dove abita l’operaio che primo è andato in trasferta con il dirigente. Anche quest’ultimo è andato a una festa di compleanno dopo essere tornato dal viaggio in Serbia.

La nota della Regione

Secondo una nota della Regione Veneto, la festa di compleanno che ha visto coinvolto l’operaio si è svolta all’aperto ma: “Nessuno ha mantenuto le distanze o indossato la mascherina. In totale il paziente è stato a contatto con ventiquattro persone, di cui cinque bambini… Per tutti è stata effettuata l’indagine epidemiologica e predisposto l’isolamento domiciliare fiduciario per quattordici giorni”.

Coronavirus: il focolaio di Vicenza

Secondo le ultime informazioni raccolte dalle autorità sanitarie l’inizio del focolaio sarebbe da datare allo scorso 23 giugno, quando un dirigente dell’azienda vicentina e altri tre suoi collaboratori si sono recati in Serbia per una trasferta di lavoro, durante la quale sono entrati in contatto con un 70enne del luogo malato di coronavirus e attualmente in rianimazione in un ospedale serbo.

Una volta tornati in Italia il 25 giugno, il dirigente dell’azienda avrebbe dunque preso parte a una serie di eventi pubblici prima di scoprire la sua positività, tra cui un funerale e una cena di compleanno in una cantina vinicola della zona alla quale erano presenti circa cento persone tra cui il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Joe Formaggio, che ha successivamente affermato: “La sala poteva ospitare il doppio delle persone, e si è mantenuto il distanziamento sociale”.

Il rifiuto del ricovero

Con la comparsa dei primi evidenti sintomi da coronavirus, nella giornata del 28 giugno l’uomo si è finalmente recato all’ospedale San Bortolo di Vicenza dove gli è stato fatto il tampone faringeo. Malgrado la proposta dei medici di venire ricoverato nella struttura tuttavia il dirigente ha preferito tornarsene a casa, continuando ad avere incontri di lavoro nelle giornate successive nonostante l’elevato rischio di contagio.

L’uomo ha continuato a rifiutare il trasporto in ospedale persino di fronte alle richieste telefoniche degli operatori sanitari, fino a quando non si è reso necessario il ricovero nella giornata del 1° luglio, quando i sintomi erano divenuti ormai insostenibili per il dirigente. Attualmente l’uomo di trova intubato nel reparto di terapia intensiva del San Bortolo, che soltanto un mese prima era stato dichiarato Covid free.

Gli altri quattro positivi

Al momento gli altri positivi sono due dipendenti della stessa ditta, di cui uno presente anch’egli alla trasferta nei Balcani, una donna della provincia di Rovigo che ha avuto contatti con il dirigente ora ricoverato e un cittadino veronese, recatosi anche lui in Serbia, che nella giornata del 27 giugno ha preso parte a una festa di compleanno durante la quale non sono state rispettate le norme di distanziamento sociale.