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Coronavirus, parla Tarro: "Probabile diventi stagionale come l'aviaria"

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Secondo il virologo Giulio Tarro è probabile che il coronavirus possa presentarsi in futuro come epidemia stagione sulla falsariga dell'aviaria.

Per Giulio Tarro nel prossimo futuro il coronavirus potrebbe assumere una cadenza di tipo stagionale, come già accaduto con l’influenza aviaria, e pertanto sarebbe necessaria una cura piuttosto che un vaccino. Così il virologo napoletano spiega il suo punto di vista sull’evoluzione della pandemia in un’intervista rilasciata a Libero nella giornata del 6 luglio, presentando inoltre inedite correlazioni tra la diffusione del virus nelle regioni del Nord Italia e fattori come l’inquinamento ambientale o la somministrazione dei vaccini antinfluenzali.

Coronavirus, parla il virologo Giulio Tarro

Ai microfoni dei giornalisti di Libero, il virologo dell’ospedale Cotugno ha affermato: “A mio avviso, il Covid19 potrebbe sparire completamente come la prima Sars, oppure ricomparire come la Mers, ma in maniera localizzata o cosa più probabile diventare stagionale come l’aviaria. Per questo serve una cura più che un vaccino”.

Tarro si lancia inoltre in inediti collegamenti tra l’espansione della pandemia nel Nord Italia e l’elevata somministrazione di vaccini antinfluenzali nelle settimane precedenti all’arrivo del coronavirus: “A Bergamo, il vero epicentro dell’emergenza come sottolineato da più parti, dove si è verificato qualcosa di ingestibile e che francamente ha stupito anche me, che mi trovo a lavorare con epidemie da decenni, c’è stata una richiesta di ben 185mila dosi di antinfluenzale.

La correlazione avanzata dal professore non è però limitata all’espandersi del Covid, ma anche ai numerosi casi di meningite registrati nella bergamasca a cavallo dei mesi di dicembre e gennaio: “In concomitanza c’è stata un’endemia da meningococco per cui sono state richieste 34mila dosi. Tutti questi eventi sono sicuramente importanti, specialmente se messi a confronto con quello studio sull’esercito americano e quello olandese sul virus respiratorio sinciziale”.

Il fattore inquinamento

Nel corso dell’intervista, Tarro specifica inoltre come potrebbero esserci collegamenti anche tra la diffusione del coronavirus e la presenza di agenti inquinanti nelle aree dei focolaio: “Ci sono sicuramente delle relazioni e a ciò aggiungerei una cosa forse sottovalutata da molti. Il fatto che i focolai di coronavirus italiano siano nella Pianura Padana, principalmente in Lombardia e Veneto, potrebbe dipendere da fattori ecologici, come alcuni tipi di concime industriale. Questi potrebbero aver alterato l’ecosistema vegetale e, quindi, animale nel quale uno dei tanti coronavirus normalmente in circolazione può aver avuto una inaspettata evoluzione”.

Il virologo precisa infine come non sia necessario incolpare le autorità cinesi per la diffusione del coronavirus nel mondo, dato che a suo dire sono principalmente i fattori geografici ad aver influenzato il propagarsi della malattia: “Eviterei di trasformare la Cina in un capro espiatorio, per giustificare inefficienze che sistemi sanitari all’avanguardia non dovrebbero avere. È necessaria un’argomentazione. Sulla diffusione del Sars-Cov 2, conta la zoologia correlata a una certa latitudine geografica. I virus influenzali hanno origine o da alcuni animali volatili o da alcuni animali acquatici. In primis i pipistrelli: è stato calcolato che nell’intestino di un pipistrello della Cina meridionale si celino almeno 50 tipi di coronavirus diversi. E, considerando che il pipistrello ha anche una grande importanza alimentare nel Paese, non ci si può certo stupire che il 3% degli agricoltori di tutta la Cina risulti positivo ai coronavirus: nella stragrande maggioranza dei casi fortunatamente si tratta di forme benigne”.