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Coronavirus, Burioni: "Impossibile immunità di gregge senza vaccino"

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Chi dice il contrario dichiara il falso secondo il virologo Roberto Burioni: per l'immunità di gregge da Coronavirus serve il vaccino.

Senza vaccino sarà impossibile avere l’immunità di gregge al Coronavirus. Lo afferma il virologo italiano Roberto Burioni: l’esperto, nel consueto appuntamento su Medical Facts, evidenzia come scientificamente nessun studio riferisca di una possibile immunità collettiva per vie naturali del Coronavirus. Parlano, del resto, molto chiaro i dati emersi nel periodo febbraio-giugno nelle principali aree colpite di Italia e del resto del mondo.

Come spiega Burioni, infatti, sono poche le persone che sono entrate in contatto con il Coronavirus: solo il 20% circa della popolazione. “La grandissima parte della popolazione (sopra l’80%) non è entrata in contatto con il virus, anche nelle zone dove il virus ha avuto una intensa circolazione. Questo – precisa il virologo italiano – è accaduto anche nelle nazioni, come la Svezia, dove non c’è stato un lockdown particolarmente severo”.

Burioni: “Coronavirus? Immunità solo con vaccino”

Ed è per questo motivo che Burioni ribadisce come sia fondamentale l’antidoto: “Come per tutte le altre infezioni per l’immunità di gregge ci vuole il vaccino. Nel frattempo – senza paura e senza panico – continuiamo a vivere la nostra vita di sempre con qualche precauzione in più. Portare la mascherina nei luoghi affollati non è un sacrificio così drammatico, e sono sicuro che il disagio è solo questione di abitudine”.

Chi afferma il contrario mente spudoratamente. Lo sottolinea ancora una volta Burioni: “Avete sentito sicuramente diversi politici (per fortuna non italiani) auspicare il raggiungimento dell’immunità di gregge attraverso la diffusione dell’infezione naturale da Coronavirus. Uno studio recente apparso su ‘Lancet’ indica che questa strada non è percorribile”.

“Infatti, mentre in Italia le indagini sierologiche vanno a rilento – spiega ancora il virologo italiano -, iniziano a essere pubblicati i dati riguardo alla sieroprevalenza (ovvero il numero di persone che hanno nel loro sangue gli anticorpi contro il coronavirus) in zone dove l’epidemia è stata particolarmente intensa”.