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Processo Cerciello, l'audio a Varriale: "Non dirlo a nessuno"

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L'audio a Varriale, nuovo sviluppo nel processo Cerciello: "Dell'ordine di servizio non parlarne con nessuno".

Nuovi sviluppi nel processo Cerciello Rega dove spunta un audio inviato dal maresciallo Gaetano Armao ad Andrea Varriale prima che il collega di pattuglia di Mario Cerciello Rega venisse chiamato dai superiori a raccontare sui fatti del 26 luglio. “Andrea – dice il superiore a Rega – di questa cosa dell’ordine di servizio non ne parlare con nessuno, Ottaviani (capo della stazione dei carabinieri di Piazza Farnese, ndr) già sa tutto, vieni da me e lo compiliamo”. Il messaggio è stato reso noto in aula nel corso del processo a carico dei due americani. “Bisogna sistemare la questione dell’ordine di servizio – dice ancora Armao – è vuoto, lo devi compilare almeno con l’intervento”, riferendosi in questo caso all’identificazione di Sergio Brugiatelli, il presunto mediatore dei pusher di Trastevere. Sul punto Varriale spiega: “A piazza Mastai avevo preso un appunto su un foglio di carta con le generalità di Brugiatelli per poi riportarlo con calma in caserma”.

Processo Cerciello, l’audio a Varriale

Nel corso della sua testimonianza in aula, Andrea Varriale, il carabiniere che era di pattuglia, in borghese, con il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega la notte del 26 luglio, è convinto che “con senza o senza pistola le cose non sarebbero cambiate, forse se avessimo avuto l’arma sarebbe andata peggio”. Il militare ha proseguito, davanti ai giudici della prima corte d’Assise, la sua testimonianza nel processo che vede imputati per concorso in omicidio Finnegan Lee Elder e Gabriele Natale Hjorth, nella quale ha chiarito alcuni aspetti di una vicenda complessa. Il carabiniere ha ammesso di avere commesso “un errore stupido, una leggerezza” quando raccontò il falso sulla pistola, alcuni giorni dopo il fatto, al colonnello Antonio Petti, ex capo del gruppo Roma, affermando che quella notte aveva con sé la pistola di ordinanza e che l’aveva consegnata al suo comandante di stazione in ospedale. Varriale ha rivendicato la scelta di non portare la Beretta per questioni di praticità, ma a “tanti colleghi, subito dopo i fatti, avevo detto che non l’avevo”.

“Quella notte non eravamo preoccupati. Ci sembrava una cosa da nulla, da ladro di polli. A Trastevere sono molte le fregature che vengono fatte a chi cerca droga – ha aggiunto – Quella ci sembrò una ‘sóla’ e la pasticca trovata a piazza Mastai era palesemente tachipirina”. Il militare ha spiegato poi che “il tesserino e gli effetti personali di Cerciello” li ritrovò sul “muretto esterno del Pronto soccorso del Santo Spirito”, l’ospedale dove furono portati dopo colluttazione con i due studenti americani.

Il contro esame di Varriale

Il militare, nel corso del contro esame di uno dei difensori di Elder, non ha saputo spiegare perché non risultino tracce di messaggi e chiamate sul suo telefono cellulare effettuate il 26 luglio. “Ci sono i messaggi del 25 e del 27 luglio. Quelli del 26 no”, ha detto l’avvocato Renato Borzone in aula. Varriale ha poi riferito sulle fasi dell’arresto dei due imputati e della vicenda della bendatura di Natale Hjorth. “Lo vidi così in una stanza della caserma di via in Selci e rimasi sorpreso, non avevo mai visto un arrestato tenuto in quel modo. Mi è parsa una cosa molto strana”. Poi sulla foto del ragazzo bendato che è stata diffusa sui media: “Non sapevo assolutamente del fatto che era uscita quella fotografia. Le indagini dell’Arma su questa sono iniziate subito. Il 28 luglio fui chiamato dal comandante di Compagnia di allora il Maggiore Aniello Schettino. Incontrai il colonnello Antonio Petti, l’allora comandante del gruppo Roma, in un colloquio informale con lui dissi che non avevo fatto io la fotografia”.