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Coronavirus, Pianezza: "Raggi ultravioletti per curare i positivi"

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Coronavirus e raggi ultravioletti, le parole dello studioso Pianezza che ha condotto la ricerca.

Lo studio dell’oncologo, pneumologo, nel board del Comitato scientifico european medical association (Ema), Maurizio Pianezza, sta attirando grande attenzione in quanto potrebbe fornire un’importante arma per sconfiggere il coronavirus. La ricerca sostiene che ad uccidere il virus non sia il caldo in sé, bensì la combinazione di temperatura, umidità e angolo di incidenza dei raggi ultravioletti. In caso di positività al Covid-19 dunque, per Pianezza i pazienti potrebbe essere guariti con camera elettromedicale, con una geometria particolare, dove i malati vengono sottoposti ai raggi Uv per 3 minuti.

Coronavirus, Pianezza e i raggi ultravioletti

In una sua intervista al Corriere della Sera, l’oncologo ha però spiegato però come la sua ricerca non sia stata accolta con grande entusiasmo dall’Istituto Superiore di Sanità: “A marzo – racconta Pianezza – ho chiesto aiuto a Massimo Liofredi, direttore della sede Rai dell’Abruzzo che per 10 anni ha organizzato Telethon. Lui ha scritto al presidente del Consiglio che, pur non conoscendolo, si è subito attivato mettendolo in contatto con il presidente dell’Iss Brusaferro e con il viceministro alla Salute Sileri. Poi la call conference con tre esperti dell’Istituto superiore, ma non hanno capito la mia tesi”.

“Se – aggiunge l’oncologo – come dicono le ultime ricerche, per debellare il virus bastasse il caldo, come mai da noi c’è una minore incidenza del Covid e in Africa, dove fa ancora più caldo, no? Perché il raggio ultravioletto ha un angolo di incidenza tra i 155 e i 158 gradi, come accade nel periodo del solstizio-afelio, tra il 21 giugno e il 3 luglio, quando cioè in Italia la carica virale è diminuita moltissimo, e la temperatura e l’umidità hanno valori precisi: 22-23 gradi centigradi e 70-80%”. “I raggi ultravioletti riducono la carica virale, ma a determinate condizioni. Basta ricrearle. Inoltre – conclude il ricercatore – non ci sono rischi per le persone, visto che i raggi Uvb sono gli stessi usati in dermatologia. Sulla ricerca in Italia sono fermo. Dall’estero mi hanno risposto con interesse. Ma io all’Iss il progetto lo regalerei”.