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Carlo La Vecchia: "Non è più in Lombardia la culla del coronavirus"

Carlo La Vecchia coronavirus

Per il professor Carlo La Vecchia la Lombardia non è più la culla del coronavirus. Non esclude un incremento dei casi, ma "questo non deve allarmare".

Senza vittime nelle ultime 24 ore, per Carlo La Vecchia, epidemiologo e docente di Statistica medica alla Statale di Milano, non è più la Lombardia la culla del coronavirus.

Carlo La Vecchia: nuovo andamento del coronavirus

Intervistato dal Corriere della Sera il professor Carlo La Vecchia ha descritto il nuovo trend che il virus sta delineando nel nostro Paese.

La Vecchia non dubita si possa assistere a un costante incremento dei contagi in Italia, ma ha tenuto a sottolineare: “Questo non deve allarmare: anche se dovessero arrivare a mille nuovi positivi al giorno o anche di più”. Come hanno dato prova i mesi di piena emergenza sanitaria, a preoccupare dev’essere “il sovraccarico del servizio sanitario, l’impossibilità di curare un numero esorbitante di malati gravi”. Ma ha assicurato: “Su questo non torneremo al dramma della scorsa primavera”.

All’inizio della pandemia ha ribadito l’esigenza di un lockdown. Oggi La Vecchia dichiara:Le scuole alla fine sono il posto più sicuro per i bambini e i ragazzi. Non possiamo neppure pensare di tenerli ancora lontani dalle classi o peggio ancora chiusi in casa. Dal punto di vista sociale sarebbe impossibile, il sistema avrebbe un crollo. Dobbiamo istruirli. Inoltre, analizzando i numeri degli ultimi giorni, ritiene che: “La Lombardia, in questa fase, è in linea con i dati nazionali, non ha più una diversità dalle altre Regioni come accadeva all’inizio dell’epidemia”. Quindi ha aggiunto: “Guardiamo cosa accade intorno a noi. È vero che stiamo assistendo a un aumento dei contagi, pur se molto inferiore rispetto ai Paesi vicini, come la Francia, la Germania e la Svizzera. L’evoluzione più probabile è che anche l’Italia, nelle prossime settimane, arrivi a una situazione simile, con qualche migliaio di contagi al giorno. Dunque un aumento della diffusione. Ma attenzione: non in maniera esponenziale, come avveniva a febbraio/marzo, quando ogni due giorni c’era il raddoppio di tutti i numeri”.

Siamo sufficientemente preparati in caso di seconda ondata? “Bisogna tenere ben presenti le migliori capacità dei nostri medici di affrontare la malattia. È un aspetto non secondario”. E a chi ritiene che il virus sia ora meno aggressivo risponde: “Non esistono indicazioni di una mutazione del virus in questo senso”.

Sulla ripartenza della scuola a settembre ha commentato: Il distanziamento e l’uso delle mascherine sono senza dubbio utili. Sono misure ragionevoli, anche se farle rispettare non è semplice. Un controllo di base da parte delle forze dell’ordine comunque c’è. Una certa attenzione per esempio sulle spiagge esiste. Fare molto di più sarebbe difficile. Gli anziani e le persone più fragili già si proteggono di più rispetto all’inizio dell’epidemia”.

I nuovi focolai

Sui nuovi focolai ha dichiarato: Non mi sembrano particolarmente allarmanti. Si trova un positivo, di solito giovane e con sintomi lievi, e si vanno a cercare i suoi contatti, così si individuano decine di altri positivi. Credo sia un effetto del miglior metodo di tracciamento, al contrario di quel che accadeva in primavera”. Resta fondamentale il tracciamento dei contagi. Tuttavia, “non ci possiamo illudere che con il tracciamento si possa eliminare il virus, ormai ne circola troppo. Il target dell’eliminazione, fino a che non ci sarà un vaccino, non è realistico”.

Resta fondamentale la gestione. Infatti, ha ribadito: “L’obiettivo davvero realistico è contenere la diffusione del virus per poter permettere ai nostri ospedali di accogliere e curare i malati che hanno e avranno bisogno di un ricovero. La tendenza verso un nuovo aumento è iniziata. Ma oggi il sistema è in grado di controllarla limitando le conseguenze gravi”.