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Covid, nigeriani positivi prendono a morsi i medici dell'ospedale

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Caos ala Celio di Roma, tre nigeriani positivi prendono a morsi i medici che non vogliono dimetterli.

Tre nigeriani ricoverati all’ospedale militare del Celio a Roma perchè positivi al covid-19, hanno scatenato un caos nel vano tentativo di fuggire dal nosocomio. Nello specifico, a quanto si apprende dall’Adnkronos, i tre pazienti stranieri, due donne e un uomo, avrebbero dato in escandescenza aggredendo, anche a morsi, medici, personale sanitario e ufficiali che ora saranno costretti alla quarantena preventiva. Alla base della vicenda ci sarebbe stata la volontà dei 3 di essere dimessi.

Nigeriani positivi prendono a morsi i medici

Non sarebbe finita qui, infatti, da fonti interne all’ospedale, si apprende che durante la colluttazione gli stranieri avrebbero anche tentato per qualche minuto di farsi scudo nella fuga con un ragazzo bengalese di 16 anni ricoverato nella struttura e prossimo alle dimissioni perché negativizzato al virus. Un dettaglio che però le forze dell’ordine al momento non confermano. Diverse persone tra militari e personale sanitario sono rimaste ferite non gravemente nel parapiglia, fino a quando la situazione è tornata sotto controllo grazie all’intervento delle forze dell’ordine.

Il Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ha così espresso tutto il suo disappunto per la vicenda: “Le aggressioni accadute presso il centro ospedaliero militare sono un fatto grave e inammissibile e i responsabili sono stati già denunciati e ne risponderanno. Tutto è stato ricondotto immediatamente alla normalità grazie al pronto intervento del personale militare e delle forze dell’ordine”. “Il Celio – ha aggiunto – è una struttura d’eccellenza, sia per quanto riguarda le assolute capacità di gestione dei pazienti e delle terapie, ma anche per gli aspetti legati alla sicurezza dell’infrastruttura. Esprimo, inoltre, la mia solidarietà nei confronti dei militari aggrediti e ringrazio tutto il personale per il lavoro che svolge tutti i giorni a favore della collettività”.