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Tamponi a tappeto, cosa prevede il piano di Crisanti?

Crisanti piano tamponi a tappeto

Crisanti e il suo piano tamponi a tappeto, uno screening di massa con 400mila tamponi al giorno.

Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Padova, ha fornito, su invito di alcuni membri del governo, un piano per cercare di contenere la trasmissione del virus che, basandosi sull’ottimo lavoro svolto dal professore stesso in Veneto, mira a mettere in piedi una sequenza di “tamponi a tappeto”. Test quadruplicati rispetto al numero attuale, si parla di quasi 400mila tamponi al giorno che superino, nella loro gestione, le divisioni e le barriere regionali. L’ipotesi, al momento, è sul tavolo del Comitato tecnico scientifico, il quale a sua volta lo valuterà entro la fine della settimana.

Crisanti: il piano tamponi a tappeto

Nel piano di Crisanti è prevista la collaborazione di venti laboratori, uno per Regione, più 20 unità mobili per raggiungere i focolai che spuntano sui vari territori. La forza lavoro potrebbe essere rappresentata da giovani neolaureati o universitari con un costo totale di 40 milioni di euro. Ad appoggiare la proposta c’è anche Massimo Galli, primario dell’ospedale Sacco di Milano, che ha sottolineato come “al momento un potenziamento di questo genere non è evitabile“. L’obiettivo è dunque la caccia agli asintomatici, che al momento rappresentano la maggiore quota dei contagi. “L’identificazione degli asintomatici è proprio la sfida che abbiamo davanti per evitare che i casi aumentino vertiginosamente fino al punto di rottura”, ha spiegato Crisanti in un intervento sul Corriere della Sera.

La differenza fondamentale tra l’inizio dell’emergenza, alla fine dello scorso febbraio, e la situazione attuale riguarda proprio i soggetti più colpiti dall’infezione. La maggior parte delle persone contagiate oggi è costituita da giovani, in grande maggioranza asintomatici, oltre al fatto che l’intero sistema paese era meno preparato ad affrontare l’epidemia, dato che scarseggiavano i reagenti per i tamponi e molti malati erano costretti a restare a casa senza cure e diagnosi. Inoltre, all’epoca, degli asintomatici non c’era traccia, o meglio non venivano scoperti perché a essere testati erano nella maggior parte dei casi solo i pazienti più gravi, che finivano in ospedale. Da qui la necessità di individuarli e tracciare i loro contatti così da isolare immediatamente nuovi, possibili focolai da Covid-19. “L’identificazione sistematica degli asintomatici attraverso l’uso massiccio ma mirato di tamponi è stata la chiave del successo del Veneto, ha spiegato Crisanti, che ora spera che il suo piano venga adottato a livello nazionale.