Litiga con il patrigno, accusato di aver maltrattato lui e la madre, e lo uccide con un cacciavite: è quanto ha fatto un ragazzo di Ardea.

Un ragazzo di 31 anni ha ucciso il patrigno con un cacciavite dopo l’ennesima lite consumatasi in famiglia: da quanto è emerso l’uomo avrebbe ripetutamente picchiato il killer e la madre da quando, 15 anni fa, erano giunti in Italia dalla Romania.
Uccide il patrigno con un cacciavite
Per il momento non c’è stata una vera e propria confessione del delitto ma i Carabinieri sono riusciti a fornire una ricostruzione di quanto accaduto nella tarda serata di sabato 3 ottobre 2020 nell’appartamento al civico 8 di via Fosso dell’Acqua Buona ad Ardea. La vittima sarebbe arrivata a casa ubriaca e avrebbe chiesto per l’ennesima volta denaro al figlio della sua compagna.
Una richiesta già avanzata nella mattinata dello stesso giorno e che quest’ultimo si era rifiutato di adempiere.
Al nuovo rifiuto, ne è nata una discussione inizialmente verbale, tra urla e insulti, e divenuta presto fisica. Patrigno e figliastro hanno iniziato a picchiarsi reciprocamente fino a quando il giovane ha preso un cacciavite e ha colpito per due volte l’uomo probabilmente al cuore.
Tutto sotto gli occhi della madre di 55 anni.
I vicini di casa, spaventati per le grida, hanno allertato le forze dell’ordine, le quali hanno chiamato i sanitari del 118. Al loro arrivo il ferito era però in fin di vita ed è morto durante il tragitto verso l’ospedale di Pomezia. Interrogati dai Carabinieri, madre e figlio hanno fornito versioni differenti dell’accaduto. La prima ha spiegato di aver tentato di dividere i due litiganti fino ad aver visto il suo compagno accasciarsi a terra, mentre il secondo ha addossato alla donna la responsabilità dell’omicidio.
Ciò che è emerso da entrambi i racconti è però che la vittima li avrebbe maltrattati per anni e che i due non avrebbero mai denunciato le violenze subite. Dopo aver trovato l’arma del delitto nella cassetta degli attrezzi, i militari hanno arrestato il figliastro e lo hanno condotto in carcere a Rebibbia con l’accusa di omicidio volontario aggravato.