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Covid, rianimatore Riccio: "Mancano 4mila anestesisti"

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Siamo nella seconda ondata covid, ma "mancano 4000 anestesisti". A lanciare l'allarme è Mario Riccio primario di rianimazione a Casalmaggiore.

I numeri dei nuovi contagi del coronavirus in Italia non lasciano ben sperare per i prossimi mesi, con una situazione che già da adesso sembra essere di enorme difficoltà nel sistema di tracciamento e contenimento di diffusione del virus. Primi squilibri arrivano anche dal mondo del sistema sanitario con gli ospedali che si riempiono di nuovo e le terapie intensive in crescita in maniera sempre più decisa. È la seconda ondata del covid e l’Italia non è del tutto pronta. L’ultimo allarme in tal senso arriva da Mario Riccio, primario di rianimazione a Casalmaggiore, in provincia di Cremona, che ha sottolineato che mancano almeno 4mila anestesisti negli ospedali”.

Covid, Riccio: “Mancano 4mila anestesisti”

“L’allarme dei posti letto è reale – ha detto Riccio – ma nasconde un’altra emergenza che ritengo maggiore, relativa alla crisi di personale. Se letti e respiratori si possono acquistare il personale non si può creare, e tale mancanza è risultata fondamentale nella difficile gestione della prima ondata”.

Una situazione nota, sulla quale però non si è posta la giusta attenzione in fase di transizione tra la prima e la seconda ondata. Un errore che oggi mette in seria difficoltà le terapie intensive e che purtroppo l’Italia si porta dietro da diverso tempo. “Il rapporto ottimale – continua Riccio –  paziente anestesista è di 1 a 4, quello paziente infermiere di 1 a 2. Già in condizioni di attività normali in Italia, secondo i dati Siaarti mancano all’appello 4000 anestesisti”.

Oltre a lanciare una critica, Riccio fornisce anche quella che secondo lui potrebbe essere una soluzione efficace e immediata in vista di una seconda ondata: “Occorre innanzitutto sospendere in alcune aree tutte quelle attività non urgenti e coinvolgere nel settore pubblico anche il personale delle strutture convenzionate minori (come le piccole case di cura), spostandolo nei reparti Covid, cose non avvenute in primavera quando il sistema è andato al collasso”.