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Detenuta maltrattata con acqua fredda: agenti sospesi a Rebibbia

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“Il trascinamento di peso della detenuta, nuda e sull'acqua fredda, è avvenuto solo per rabbia”, sostiene il gip.

Nella casa circondariale femminile di Rebibbia una donna con problemi psichici ha vissuto un incubo a causa dei maltrattamenti subiti da due agenti penitenziari. La detenuta è stata trascinata nuda nell’acqua fredda per poi essere spostata in una cella priva di telecamere. Due agenti, una sovrintendente e un assistente capo coordinatore in servizio nell’istituto sono adesso accusati di falso ideologico e abuso di autorità.

Detenuta maltrattata a Rebibbia

I fatti risalgono a luglio scorso. Secondo l’accusa e in base alla ricostruzione effettuata anche grazie la visione delle immagini registrate dalle telecamere del carcere di Rebibbia, i due agenti avevano utilizzato la forza su una detenuta con problemi psichici, la quale aveva rotto un termosifone poiché non le era stata concessa una sigaretta. Per coprire la vicenda, successivamente, il personale aveva redatto una relazione di servizio raccontando che la donna aveva aggredito una delle agenti. Ciò, tuttavia, non è mai avvenuto. Nella relazione, inoltre, non si fa mai cenno al danneggiamento del termosifone, che avrebbe scatenato le violenze.

Non risulta che la detenuta stesse tenendo un comportamento aggressivo che abbia reso necessario l’intervento di un agente di sesso maschile, né dai filmati risultano situazioni che rendessero necessario l’uso della forza per lo spostamento della detenuta, come sostenuto dagli indagati nell’interrogatorio” si legge nell’ordinanza del gip Mara Mattioli. “Il trascinamento di peso della detenuta, nuda e sull’acqua fredda, non è stato posto in essere per salvaguardare l’incolumità della stessa (avendo la detenuta già da un po’ cessato le intemperanze) apparendo invece chiaramente motivato da stizza e rabbia per i danni causati dalla donna“.

Nei video la detenuta è nuda e non assume atteggiamenti violenti contro le agenti mentre viene maltrattata. Anzi, si mostra in imbarazzo e cerca di coprirsi le parti intime all’intervento dell’agente di sesso maschile.

L’agente entra nella stanza n.3 e ne esce tenendo ferma la nuca della detenuta che in quel momento appare collaborativa ed è completamente nuda, la accompagna all’interno della stanza n.1 resa nuovamente agibile“. Una circostanza che per l’eccezionale presenza di personale di sesso maschile non autorizzato doveva diversamente essere riportato agli atti. “Inoltre la telecamera esterna alle ore 2.01 del 22/7/2020 riprende nuovamente l’agente entrare nella stanza n.1 ove è rimasta la detenuta ed uscirne circa 24 secondi dopo. Di questo accesso non vi è traccia nei verbali né dai filmati si capisce sulla base di quale necessità un agente di sesso maschile sia intervenuto da solo presso la cella della detenuta (peraltro ancora completamente nuda)“, si legge ancora.

Il motivo per cui la vittima, in base all’interrogatorio, sarebbe rimasta da sola nella cella insieme all’agente di sesso maschile è che quest’ultimo la avrebbe minacciata di non parlare con nessuno dei fatti. In caso contrario le violenze si sarebbero ripetute.

L’accusa agli agenti

Gli agenti adesso sono accusati di falso ideologico e abuso di autorità. In attesa della condanna sono stati sospesi. Il gip li ha definiti “personalità del tutto spregiudicate“. Il pericolo di recidiva inoltre sarebbe molto alto, dato anche che in precedenza risultano avere avuto diverse segnalazioni e condanne disciplinari. Per il gip, inoltre, dati i precedenti relativi alla relazione, sussiste anche il concreto pericolo di un inquinamento probatorio.