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Carlo Santucci, la denuncia del dottore eroe: "Medici lasciati nel precariato"

carlo santucci

"Lavoriamo 48 o anche 60 ore alla settimana, ma per l'Italia siamo senza futuro", questa la denuncia del dottor Carlo Santucci.

Carlo Santucci è saltato agli onori di cronaca ad agosto scorso, quando in un treno per le Dolomiti aveva salvato un turista in arresto cardiaco. Il medico per quaranta minuti aveva praticato un estenuante massaggio senza defibrillatore, fino a fargli riprendere conoscenza. In molti avevano definito “eroe” il trentacinquenne. Il gesto gli era valso anche il titolo di cavaliere al merito della Repubblica, conferitogli dal presidente Sergio Mattarella. Ora, nonostante stia lottando in prima linea contro il Covid-19 da mesi, vive ancora nell’ombra del precariato.

La denuncia contro il precariato

Il futuro professionale di Carlo Santucci, come quello di tanti altri giovani medici, è incerto. Nonostante siano impegnati al fronte per lottare contro il nemico più grande dei nostri tempi, infatti, non esistono prospettive. L’Italia chiama, ma non riconosce.

In questi 8 mesi – racconta Santucci al Messaggero – abbiamo ascoltato in silenzio, continuando a lavorare senza sosta per una Regione che fortunatamente ce ne ha dato l’opportunità, la melliflua retorica dello Stato. Ma ora è arrivato il momento di dire, forte e chiaro, che non possiamo continuare a farci trattare così. Siamo talmente indispensabili per questo Paese che, quand’è stato il momento di partecipare per l’ennesima volta al concorso nazionale per l’ingresso nelle scuole di specializzazione e tentare finalmente di completare la nostra formazione, non ci è stato riconosciuto nemmeno mezzo punto in più in graduatoria per il lavoro che pure stiamo facendo in prima linea.

Da allora – spiega – siamo rimasti molti meno perché tanti ragazzi non hanno retto il peso dell’attività in corsia, senza la garanzia di una stabilizzazione. Come nel mio caso, l’inizio del corso di formazione alla Fondazione scuola di sanità pubblica è praticamente coinciso con l’esplosione del focolaio di Vo’, per cui sono stato contrattualizzato subito come medico Covid. Questo significa lavorare 48 o anche 60 ore alla settimana, con turni di 12 ore filate dalle 8 alle 20, o dalle 20 alle 8, weekend di guardia compresi. Un’esperienza straordinaria accanto a colleghi fantastici, per cui sarò sempre grato alla Regione. Il guaio è che, per la normativa, siamo considerati gettonisti, ingaggiati in regime di libera professione, pagati solo per i giorni o per le notti che lavoriamo, senza ferie, senza malattia e soprattutto senza futuro.

L’Italia si sfoga. Si ricorda di noi quando c’è l’emergenza, chiedendoci tantissimo senza darci certezze. E poi, passata l’onda dell’emotività, si dimentica che mancano 56.000 specialisti. Vogliamo una formazione riconosciuta da una scuola di specializzazione e dal ministero dell’Università: se lo Stato non ce la fa, lo lasci fare alle Regioni. Solo così sarà possibile mantenere elevati gli standard di cura dei nostri pazienti. Dovrà forse – conclude Santucci scoppiare un’altra epidemia per farlo capire una volta per tutte?“.