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Covid, allarme dei cardiologi: "Rischio catastrofe con chiusura reparti"

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Secondo gli esperti, la chiusura dei reparti di cardiologia a causa dell'aumento dei contagi da Covid-19 può avere conseguenze catastrofiche.

Rischio catastrofe con la chiusura dei reparti di cardiologia a causa dell’emergenza Covid: è quello che paventano i membri della Società Italiana di Cardiologia commentando la recente dismissione delle unità cardiologiche e coronariche di molti ospedali italiani e la loro riconversione in reparti Covid. Secondo i medici infatti, la chiusura dei suddetti reparti avrà dirette conseguenze sulla salute dei pazienti cardiologici, tra cui un aumento della loro mortalità nelle settimane venture.

Covid, catastrofe con reparti cardiologia chiusi

Nel comunicato pubblicato dalla Società Italia di Cardiologia a firma del suo presidente Ciro Indolfi si può infatti leggere come: “La sospensione degli ambulatori cardiologici, dei reparti e delle unità di terapia intensiva coronarica (Utic) dovuta al Covid rischia di avere conseguenze catastrofiche, con un aumento della mortalità dei pazienti cardiologici già dal prossimo mese”. Già durante la prima ondata i ricoveri cardiologici erano diminuiti del 50%, con un conseguente aumento della mortalità giornaliera per i pazienti cardiologici di circa tre volte rispetto alla media.

Sempre secondo Indolfi inoltre, le maggiori conseguenze si avranno a causa del rinvio di numerosi interventi e procedure mediche i cui effetti andranno a ricadere direttamente sullo stato di salute dei pazienti: “In questo scenario se i numeri dei contagiati aumenteranno ulteriormente, è prevedibile un impatto della pandemia sulle malattie cardiovascolari ancora maggiore rispetto allo scorso marzo. Infatti, il rinvio di visite, controlli e ricoveri per interventi di angioplastica coronarica e di altre procedure elettive, come la Tavi, la Clip mitralica, i pacemakers, defibrillatori, le ablazioni per fibrillazione atriale, sommandosi ad arretrati difficili da smaltire, rischia già dal prossimo mese di portare ad un aumento della mortalità e della disabilità superiore a quello della prima ondata, a cui si aggiunge un rischio due volte maggiore di non sopravvivere al virus per chi soffre di malattie cardiovascolari”.