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Coronavirus, Crisanti: “Il lockdown totale non avrebbe risolto”

Coronavirus Crisanti lockdown totale

“Il lockdown totale non avrebbe risolto il problema”. A dichiararlo è il virologo Andrea Crisanti durante la trasmissione “Accordi e Disaccordi”.

Il lockdown totale non sarebbe stata la soluzione che avrebbe risolto il problema. A dichiararlo è il virologo e docente di Microbiologia dell’università di Padova Andrea Crisanti nel corso la registrazione della trasmissione “Accordi e Disaccordi” in onda sul Nove. Durante questo intervento ha posto l’accento sul fatto che non sia stato fatto un progetto vero e proprio per poter uscire dal problema e anzi, secondo il virologo l’obiettivo principale sarebbe quello di diminuire l’impatto dei contagi con l’obiettivo di attendere un vaccino, del quale tuttavia, non si ha una data esatta sulla sua uscita.

Ha infine parlato del suo rapporto con il governatore della Regione Veneto Luca Zaia: “Che cosa è successo fra me e il governatore Zaia? Penso che le persone che stavano intorno a lui hanno pensato di essere state in qualche modo defraudate, o hanno subito la mia visibilità o quella della mia attività, quindi hanno creato un cuneo di incomprensioni e lui le ha seguite”.

Le parole di Crisanti sul lockdown totale

“Penso che l’obiettivo è quello di spargere l’impatto” dei contagi “su un’onda meno ripida e più distesa in modo tale, secondo le aspettative di chi ci governa, di aspettare il vaccino. Penso che sia una strategia che ha un senso se ci sono informazioni reali che il vaccino sarà disponibile verso febbraio, marzo. Se non è vero, è un azzardo. Dovremmo usare questi mesi per creare un sistema di sorveglianza che ci permetta un lockdown più stretto per portare i casi a numeri più gestibili”. Lo ha dichiarato il virologo Andrea Crisanti nel corso della registrazione della trasmissione “Accordi e Disaccordi” in onda sul canale Nove.

Non solo. Crisanti ha posto l’accento sul fatto che un lockdown totale non avrebbe potuto risolvere il problema. Crisanti tuttavia ha sottolineato il fatto che il governo non avrebbe stilato una vera e propria strategia. “Non abbiamo investito in un piano di sorveglianza per consolidare i risultati, che doveva includere un’aumentata capacità di fare tamponi, un sistema informatico che integrasse le potenzialità di Immuni e che ci dicesse giorno per giorno, in termini spazio-temporali, la dinamica della trasmissione per farci prevedere laddove c’erano dei rischi. Poi bisognava creare la logistica e l’infrastruttura per rendere i tamponi accessibili dove c’era più bisogno. Senza questi investimenti non se ne esce”.