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Coronavirus, Bassetti: "Morti per problemi respiratori simili al 2018"

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Coronavirus, per Matteo Bassetti la comunicazione del governo è stata sbagliata: "Epidemia ingigantita"

Mentre l’ipotesi del lockdown nazionale è sul tavolo del governo, nella comunità scientifica c’è chi non è preoccupato per l’evoluzione della pandemia. Matteo Bassetti, presidente della Società Italiana di Terapia Antinfettiva, ritiene che la pandemia sia stata “ingigantita”.

Coronavirus, Bassetti: “Non intasare ospedali”

“Ho dedicato gli ultimi otto mesi della mia vita ai malati e agli italiani, sacrificando il mio tempo, la mia famiglia, lo stare dietro a mia madre che sta molto male, per poi sentirmi dare del negazionista da persone che non saprebbero neppure fare un’iniezione”. Sono le parole di Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino di Genova, intervistato da Libero Quotidiano. Proprio sul coronavirus Bassetti ha scritto un libro, Lezione da non dimenticare. E qual’è la lezione da non dimenticare? “Che non bisogna farsi trovare impreparati. Servono più medici, più infermieri e un piano anti-pandemico che consenta di curare a casa i malati non gravissimi e di aumentare rapidamente i posti letto in ospedale -spiega Bassetti-. Certe cose le abbiamo imparate, come lavorare in squadra tra eccellenze delle diverse specialità; oppure a non trascurare le altre malattie. Durante i tre mesi primaverili dedicati solo alla cura del Covid abbiamo sbagliato, abbiamo dimenticato le altre patologie, con il risultato di un aumento della mortalità per infarto, ictus, tumori, problemi cardiaci. Oggi affrontiamo la seconda ondata senza perdere di vista gli altri malati”. Continua: “Questa estate si poteva fare di più, ci si poteva preparare meglio. Il Paese si è un po’ seduto sui risultati della prima chiusura. È il sistema Italia che non aiuta, la burocrazia porta alla paralisi: prima di comprare un ventilatore devi analizzare quattro preventivi, poi indire una gara, approvarla, verificare i risultati. Siamo perdenti per la lentezza del nostro sistema”.

Coronavirus, Bassetti: “Comunicazione sbagliata”

“Sono stati trent’anni di politica scellerata e di tagli selvaggi che hanno spogliato i nostri ospedali, la ricerca e le università -commenta Matteo Bassetti-. Noi medici ci stiamo caricando sulle spalle tutto il sistema e chi ci critica non si merita il livello di sanità che noi riusciamo ancora a garantire. Anche sul Covid, l’Italia quanto a pubblicazioni scientifiche è seconda probabilmente solo agli Stati Uniti, che hanno ben altre risorse”. Per il direttore della Clinica Malattie Infettive del San Martino c’è stato un problema di comunicazione ai cittadini.

La comunicazione è stata sbagliata. Terrorizzare le persone può aiutare a farle stare in casa, ma a livello ospedaliero gestire una popolazione nel panico genera solo caos. Se oggi le strutture sanitarie rischiano il collasso è anche perché sono assediate da migliaia di persone asintomatiche o poco sintomatiche che si potrebbero tranquillamente curare a casa che invece prendono d’assalto i pronto soccorso, intasano i centralini degli ospedali, fanno perdere tempo ai medici. E tutto avviene perché sono state spaventate dalle istituzioni, che avrebbero invece dovuto tranquillizzarle. Il Covid è stato ingigantito: è il panico e la paura di finire intubato o di morire che fa esplodere il sistema sanitario, non i malati. Se ricevo cento telefonate al giorno da chi non sta male, come curo i malati veri?”

Per Bassetti la comunicazione del governo sarebbe dovuta essere ben diversa. “Andava detto che il Corona sta facendo danni enormi ma che la maggioranza dei positivi è asintomatica o poco sintomatica e che il virus ha una letalità inferiore all’1% e fa male soprattutto a pazienti anziani e con la salute già compromessa -continua Bassetti-. Già prima della comparsa del Covid, la polmonite contratta fuori dall’ospedale era la quinta causa di morte nel mondo, e uccideva anche cinquantenni e bambini”. Un commento sulla letalità del virus, che per Bassetti non è il punto su cui concentrare l’attenzione. “Quello che deve spaventare non sono tanto i morti, perché vedrà che alla fine del 2020, su base nazionale, i numeri dei decessi per complicazioni respiratorie saranno simili a quelli del 2018. Bisogna guardare alla morbilità del virus, ovverosia quanta gente è malata ora: è il numero dei contagiati, non la loro gravità che può mandare in tilt gli ospedali”.