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Alberto Genovese, ai suoi party 13 interventi dei carabinieri in 4 anni

Alberto Genovese amica vittima

In passato i carabinieri ricordano di averlo trovato in "stato psico-fisico alterato". Trapela anche la testimonianza di un'amica della vittima.

Dopo le prime accuse, l’imprenditore Alberto Genovese ha confessato di essere dipendente dalla cocaina da quattro anni, ma le denunce sul suo conto non sono ancora finite: in seguito al primo racconto di una ragazza, un’altra giovane ha denunciato quanto subito e ora a parlare è un’amica della vittima. Carabinieri e polizia, negli ultimi quattro anni, sono intervenuti 13 volte nel suo appartamento per interrompere feste che disturbavano interi condomini. Dalle testimonianze degli agenti, Genovese pare fosse poco disponibile e collaborativo. In passato lo avevano trovato in uno “stato psico-fisico alterato”.

Alberto Genovese, il racconto dell’amica della vittima

Il fondatore di Facile.it, che nel 2014 ha venduto la società per una cifra superiore ai 100 milioni di euro, è finito nel mirino delle accuse per violenza sessuale e uso di sostanze stupefacenti. Mentre si trova in cella al carcere di San Vittore, continuano le confessioni di ragazze che descrivono i giri hard, loschi e violenti che gravitavano attorno al suo appartamento, dove organizzava diversi party e dove in quattro anni la polizia è intervenuta ben 13 volte. Dalle dichiarazioni finora rilasciate, pare che tutti fossero a conoscenze di quanto accadeva dentro quelle mura. Eppure, per troppo tempo, non si è fatto nulla per fermare Alberto Genovese.

Tuttavia, i tredici interventi degli agenti di polizia e dei carabinieri non avevano niente a che fare con l’inchiesta che ha portato in carcere l’imprenditore. L’uomo è accusato di violenza sessuale, sequestro di persona, lesioni e cessione di stupefacenti. La polizia era probabilmente stata allertata dai vicini, stufi delle sue feste e del troppo rumore. E in una di quelle occasioni, gli agenti segnalano di aver trovato Alberto Genovese in uno “stato psico-fisico alterato”. Oltre alle testimonianze già rilasciate, si teme che altre ragazze possano essere finite nel mirino di Genovese. Molti i giovani che hanno partecipato alle sue feste, nelle quali girava droga nei piatti e il padrone di casa si ritirava in camera da letto per fare sesso con un’ospite da lui desiderata.

A volte le sue feste erano solo party di lusso nel suo appartamento nei pressi del Duomo di Milano. Ad animare le feste c’erano ragazze anche legate all’agenzia di modelle di cui Genovese detiene una quota. Ma nei party più intimi, quelli con una ventina di invitati, si raggiungeva l’eccesso.

Le indagini

Gli investigatori della Squadra mobile, guidati da Marco Calì e coordinati dal pm Rosaria Stagnaro e dall’aggiunto Letizia Mannella, stanno esaminando i filmati registrati dalla ventina di telecamere installate da Genovese nell’attico dove viveva. Dalle immagini, è stato possibile confermare che la violenza è stata perpetrata in quell’appartamento. Intanto si cerca di verificare quanti altri episodi analoghi si siano verificati e chi sono le vittime.

Per far luce sul giro che gravitava attorno a Villa Inferno, sarà interrogato anche il domestico dell’imprenditore. A lui il compito di controllare chi entrava in casa e fare la guardia alla camera da letto.

Dalle indagini condotte finora, emergerebbe anche un collegamento con l’inchiesta su “Villa Inferno” di Bologna, dove si sarebbero svolti festini a base di droga e sesso. Una delle amiche della vittima ha raccontato di aver cercato la giovane, ma lei e altre ragazze erano state bloccate. L’amica, inoltre, sarebbe finita in Emilia-Romagna in un giro di prostituzione quando era minorenne.

A partire da fine 2015, oltre agli interventi da parte di polizia e carabinieri per “disturbo alla quiete pubblica”, abitanti e amministratori dei palazzi hanno firmato anche cinque esposti a carico di Alberto Genovese, per i quali nel settembre 2019 è stato indagato. Tuttavia, pare che nessuno dall’esterno potesse sapere cosa accadeva nell’attico, dalle violenze sessuali al consumo di cocaina, chetamina e anfetamina.

Proprio nella serata del 10 ottobre, poco prima che iniziasse la violenza, i poliziotti avevano bussato alla sua porta per segnalare il volume della musica troppo alto. A parlare con gli agenti era stato proprio l’imprenditore, il quale è apparso “irritato”, mostrando anche “un atteggiamento indisponente e poco collaborativo“.