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Emergenza Coronavirus in carcere: l'unica soluzione è liberare spazio

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Bisogna liberare spazio. Quando il coronavirus entra nelle carceri, il sovraffollamento e la mancanza di spazi possono essere letali.

Come in molti altri contesti intorno a noi, in carcere è in corso una grave emergenza. La seconda ondata di contagi da Covid-19 ci ha probabilmente colti impreparati da molti punti di vista, e anche in carcere gli indizi di questa impreparazione sono evidenti.

Durante la prima ondata, nonostante il panico dovuto alla novità di questa minaccia, le rivolte del 7- 8 marzo che hanno causato la morte di ben 13 detenuti, la relativa impreparazione di operatori penitenziari e medici, il numero complessivo dei detenuti contagiati è stato di circa 300 persone. Non un successo, i contagi in carcere in proporzione sono stati più di quella della popolazione libera, costando la vita a 4 detenuti, due agenti di polizia penitenziaria e due medici, ma comunque assai meglio di quanto si sarebbe potuto temere.

A 15 giorni dalla comparsa del primo focolaio nel carcere di Terni, i detenuti contagiati sono quasi mille, gli agenti altrettanti, ed i numeri continuano a crescere. Come è potuto accadere? I controlli all’ingresso del carcere sono certamente più rigorosi che a marzo e la vita interna, fatta ormai di pochissime attività, come fuori anche in carcere è più attenta al rischio dei contagi. Eppure la situazione appare a rischio di esplodere.

Che fare? La risposta è semplice: bisogna liberare spazio. Il carcere è un luogo più isolato e protetto rispetto ad altri, ma quando il virus entra il sovraffollamento e la mancanza di spazi possono essere letali. Gli isolamenti, le quarantene ed i protocolli sanitari più rigorosi hanno bisogno di spazio per essere realizzati, ed in carcere lo spazio manca. Nonostante la situazione sia questa da mesi, ancora oggi in carcere ci sono circa 7.000 persone in più rispetto alla capienza regolamentare.

In carceri come Latina, Taranto o Brescia ci sono quasi il doppio dei detenuti che ci dovrebbero essere. A fine novembre il Governo ha reintrodotto le misure che a marzo consentirono un calo del numero di detenuti di oltre 7.000 unità, ma quelle stesse misure stanno dando frutti molto modesti. Ad oggi il calo è stato di circa 1.000 unità, un numero che chiaramente non basta.

Durante la prima ondata notizie allarmistiche e in gran parte infondate sulla scarcerazione dei boss mafiosi hanno spaventato tutti e interrotto un percorso virtuoso che stava riportando il carcere nella legalità. Oggi la normativa introdotta è ancora più rigorosa ma non sta producendo effetti, e intanto la situazione rischia di andare fuori controllo. Servono misure più efficaci ma serve anche più impegno da parte di chi, direttori e magistrati, deve avere il coraggio di dare esecuzione a quelle misure.

Non possono essere le fake news a dominare la politica, specie quando ci sono vite umane a rischio. Questa è forse la lezione più importante che questa pandemia dovrebbe averci insegnato.